Nella nuova puntata di #artistantecolore vi parlo della sorte di solito riservata agli artisti che lavorano come pattern designer e di una donna fuori dagli schemi la cui storia potrebbe ispirare un film: Florence Broadhurst.
Chi sa nominare l’autore delle fantasie, ad esempio, di Dolce&Gabbana, come quella famosissima in questa foto? Non conosco i dettagli, ma ad occhio funziona così: gli stilisti danno le linee guida, mettono a lavoro un pool di designer e poi scelgono e correggono. Con ottimi risultati, non c’è che dire.
In rari casi, i nomi di quelli che fisicamente mettono mano al disegno emergono, e questo succede di solito in due occasioni: quando l’artista è talmente famoso da dare pregio al prodotto, o quando decide di mettersi in proprio e creare la propria industria o la propria agenzia grafica.
Ci sono poi casi ancor più straordinari, come quello di Florence Broadhurst, la donna che visse non due, ma almeno cinque o sei volte, il tutto partendo da una zona rurale del Queensland, in Australia, dove nacque nel 1899.
Non durò molto: nel 1929 Florence era già in Inghilterra e si era sposata con un broker londinese. A londra diresse dei musical, dei quali disegnava anche i costumi. Pare che, con il nome francese si Madame Pellier, vestisse anche le signore londinesi, coltivando nel frattempo l’amore per la pittura.
Morto il primo marito Florance aveva sposato tale Lewis, un ingegnere, con il quale si trasferì nel sussex, dove, da straordinaria imprenditrice qual era, avviò un’attività marittima. Esatto, così: dal canto, alla moda, fino alla pesca e ai traghetti.
Nel 1959 cambiò ancora: all’età di 60 anni, annunciò che avrebbe colorato l’Australia e fondò quella che poi divenne la Florence Broadhurst Wallpapers Pty Ltd. Con un piccolo staff, produsse e commercializzò una gamma molto variegata di carte da parati stampate e rifinite a mano, con materiali di lusso, combinazioni di colori molto vivaci e un’eclettica gamma di stili.
Il motto della sua agenzia era “The only studio of its kind in the world” ed esportava in tutto il mondo.
Fu assassinata nel 1977, concludendo tragicamente una vita infinita, con quel tocco di dramma che forse ci si poteva aspettare da lei. La sua attività non le sopravvisse, ma oggi il suo archivio è stato recuperato, catalogato e riportato in vita dalla fondazione che porta il suo nome.