La penna a sfera sta per compiere un secolo e da almeno settant’anni è popolare in tutto il mondo. Questa invenzione, che ha soppiantato nell’uso comune la vecchia e macchinosa stilografica, non smette mai di mostrarci le sue infinite possibilità. Piace agli scrittori e ai pittori di ieri e piace, soprattutto, ai giovani artisti di oggi. Addentriamoci nella storia della “biro” e nei suoi usi artistici più interessanti.
La lenta nascita della penna a sfera: tutto ebbe inizio con Leonardo
Chi ha inventato quella che tutti, oggi, chiamiamo “biro”? Questo termine è entrato in uso in italiano grazie allo scrittore Italo Calvino, il quale soleva chiamare in questo modo la penna a sfera, riferendosi al nome del suo inventore: László Bíró. Ma la storia di questa invenzione, come di molte altre, non è tanto semplice e lineare come sembra.
Il primo a concepire l’idea di una penna a sfera fu un personaggio a noi molto noto: Leonardo da Vinci, grande scienziato, artista e…scribacchino! Ma ci vollero diversi secoli perché la sua intuizione di un “ingegno scrittoio” a sfera venisse veramente realizzato.
Dopo Leonardo, a inventare la penna a sfera ci provò un americano vissuto alla fine dell’800, tale John J. Loud. Egli ideò la penna e il meccanismo a sfera inchiostrata, ma il suo prototipo aveva un grave difetto: non scriveva sulla carta, andava bene solo per il legno o altre superfici dure. Era quindi del tutto inutile. Così Loud lasciò perdere e si disinteressò per sempre alla produzione di penne. Ma negli anni ’30 un giornalista ungherese naturalizzato argentino di nome László Bíró scoprì il progetto di Loud e provò a migliorarlo.
László Bíró, il papà della biro
Da giornalista, Bíró utilizzava la penna quotidianamente e conosceva tutti i difetti delle tradizionali stilografiche, tanto belle quanto scomode: queste penne lasciavano le mani sempre macchiate di inchiostro e, per di più, erano tutto fuorché economiche. Ebbene, Bíró decise di “inventare” finalmente la penna a sfera trovando il modo di farla funzionare, e ci riuscì grazie all’aiuto del fratello chimico. Questi inventò una formulazione di inchiostro, simile a quello tipografico, che si dimostrò più adatto alla nuova penna. Ecco cos’era mancato a Leonardo da Vinci e a John J. Loud: i loro progetti erano validi, solo la composizione dell’inchiostro era sbagliata!
E così László Bíró (1899-1985), finalmente, divenne ufficialmente il padre della “biro”.
L’invenzione fu brevettata in Inghilterra e Ungheria, ma, allo scoppio della guerra, Biró, di origini ebraiche, fu costretto a fuggire e a rifugiarsi in Argentina, dove la penna a sfera fu perfezionata, prodotta e messa in vendita per la prima volta nel 1945.
La penna originale era in metallo, si comprava ad un costo abbastanza contenuto e poi andava semplicemente ricaricata, finito l’inchiostro, con le apposite cartucce.
Marcel Bich e la rivoluzione di plastica
Ma chi trovò il modo di decretare il successo della nuova invenzione fu l’imprenditore francese Marcel Bich, il quale acquistò il brevetto da Bíró e fondò la società, ancor oggi molto famosa, detta Bic. La sua idea era semplice: usare la plastica per fabbricare penne così economiche da poterle gettare via quando esaurite, senza doverle mai più ricaricare. Oggi sappiamo che l’usa e getta è meno conveniente di quanto sembri, ma all’epoca fu una rivoluzione.
Oggi, biro e bic sono nella nostra lingua dei perfetti sinonimi di “penna a sfera”. Tanto è stato il successo dei primi avventurieri della “nuova scrittura”! Un successo che, precisiamo, non sembra destinato a tramontare neppure nell’era degli smartphone e dei computer. Rispetto al passato scriviamo sempre meno, eppure in casa o in ufficio non può mai mancarci un set di biro per appuntare numeri di telefono, spese da fare o fugaci pensieri poetici.
Un nuovo modo di disegnare e progettare
Immediata e sempre pronta, la penna a sfera inaugura un nuovo rapporto tra idea e realizzazione creativa. Fra i primi a intuirlo fu Giacometti.
Alberto Giacometti (1901-1966)
Il famoso pittore, scultore e incisore svizzero affermò una volta: “di qualsiasi cosa si tratti, di scultura o di pittura, è solo il disegno che conta”. Questa sua fede nel disegno, non certo scontata, lo portò a realizzare moltissimi schizzi e opere su carta (ritratti, manifesti…), a volte utilizzando come “pennello” proprio la penna biro. In lui è particolarmente evidente l’importanza dell’immediatezza, quel rapporto istantaneo tra idea ed espressione che solo la biro può garantire. È l’inizio di un nuovo metodo di pensare e progettare l’opera.
La biro al posto del pennello: l’arte si fa con tutto
Alcuni potrebbero pensare che il mezzo in sé sia limitante, utile solo per bozze e schizzi, per prendere appunti preliminari e non per l’Arte con la A maiuscola, ma ecco una breve e assolutamente non esaustiva lista di cose da vedere per ricredersi.
Mostafa Khodeir
Questo artista egiziano poco più che trentenne è diventato famoso in tutto il mondo grazie al web, dove ha condiviso incredibili opere d’arte iperrealiste realizzate soltanto con l’uso di una semplice biro blu. Khodeir è un vero e proprio virtuoso della Bic e la sua attenzione al dettaglio stupisce particolarmente chi osserva i suoi disegni.
Questo è il suo canale YouTube.
Enam Bosokah
Ecco un altro giovane artista iperrealista che ha fatto della Bic il suo strumento principe. Di nazionalità ghanese, Bosokah raffigura nelle sue opere i volti e i costumi della propria terra, in ritratti che con le loro “ombre” e i loro sguardi penetranti suscitano forti emozioni negli spettatori.
Questo è il suo account Behance
Marcello Carrà
“Datemi una Bic e vi solleverò il mondo”, ha detto di recente l’artista ai giornali. Ed è proprio così, nella misura in cui egli riesce con questo piccolo e semplice strumento a creare disegni complessi, anche di enorme formato. Carrà lavora su due filoni: la rivisitazione in termini attuali di grandi opere del passato e la rilettura concettuale di alcuni tra i disegni più antichi e affascinanti della storia: quelli dei “bestiar” medievali. I risultati, in termini di “matericità” del disegno e di surrealismo immaginifico, sono davvero incredibili: la biro, con Carrà, smette di essere un limite e diventa una potenzialità. Personalmente, in un panorama popolato da moltissime proposte iperrealiste, trovo nella sua arte uno sbocco verso un mondo davvero senza confini, perché libero dal dovere di cronaca che la rappresentazione della realtà impone.
Visitate il suo sito qui.
Deborah Yael Delasio
Siamo abituati a concepire la biro nera o blu e quindi ad usarla in senso monocromatico, ma Deborah ci insegna che le BIC non hanno neppure questo limite e che sono uno strumento inaspettatamente versatile, anche per chi si esprime a colori.
“Vago nel mio personale labirinto e lascio tracce di me. Disegno con le penne, immagino mondi e provo a farli vivere sul foglio. Nel mio piccolo universo di creature fantastiche c’è il mio sogno di un’infanzia da custodire.”
Ecco il suo account IG.
La biro: minimalista ed economica
Alcuni tra i più giovani e promettenti artisti che utilizzano la penna biro come strumento d’elezione sono originari di paesi, come l’Egitto e il Ghana dei nostri esempi, che siamo soliti denominare “terzo mondo”. Non è mio intento generalizzare, ma credo che questi giovani siano l’esempio di come si possa fare arte ad alti livelli pur con pochi o pochissimi mezzi a disposizione.
È l’artista a fare l’arte, insomma, e non i mezzi che ha a disposizione. Anche un semplice foglio di carta e una biro, in mano a chi è portatore di un pensiero originale, possono diventare arte: dal semplice scrabocchio, che è il germe di ogni progetto, fino all’opera finita, la bic è la protagonista della creatività del nostro tempo.
Oggi la “pittura con la biro” è diventata estremamente popolare sul web, dove giovani artisti condividono e rendono virali le loro creazioni, che possono essere di grande formato oppure minuscole come francobolli.
I tradizionalisti potrebbero avere qualcosa da ridire su uno strumento così “povero” come la biro, ma trovo che il diffondersi dell’arte a penna ci insegni, come diceva l’illustre Giacometti, che ciò che conta è il disegno, nient’altro.
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