Eu sou carioca boêmio e sambista, meu sangue é de artistas, não posso negar.
Questa storia è l’incipit di una storia più grande, anzi, di molte storie, e quindi racchiude in sé tutti gli ingredienti più saporiti: passione, dolore, miseria, musica, arte, colore, carne, vita e morte. È la storia di un personaggio che è in sé il manifesto di un’epoca, l’anello di congiunzione tra due ere drammaticamente distinte, eppure non così diverse.
Il Brasile alla fine del XIX secolo: l’abolizione della schiavitù
Con queste premesse, capite bene che è difficile individuare il punto di partenza, quindi ne ho scelto uno ufficiale e altisonante, che possa darci l’impressione (attenzione, solo l’impressione) di uno spartiacque definitivo. Siamo nel 1888, a Rio de Janeiro, allora capitale del Brasile: la Lei Áurea del 13 di maggio ha finalmente decretato la fine della schiavitù.
Il problema con l’abolizione è che cancella la schiavitù, ma non gli schiavi. I nuovi liberi saranno pure liberi, ma hanno poco e niente per vivere. A Rio de Janeiro, vengono messi a disposizione delle “casas de cômodos” intorno alla famosa Praça 11 de Juhno, nel nuovo centro città, ricavato da una zona un tempo pantanosa. In queste case si affollano gli ex africani, ex schiavi e nuovi cittadini brasiliani.
Praça 11, dove il samba e la favela hanno inizio
Agli schiavi liberati di Praça11 si uniscono i soldati sopravvissuti alla guerra con il Paraguay e a quella che è stata chiamata la Guerra dos canudos, un tragico conflitto tra lo stato Brasiliano e una autoproclamata repubblica sorta nel nord del paese, ad opera di un mistico, metà profeta di Cristo e metà socialista.
Lo spazio non era poi molto e alle abitazioni già costruite se ne aggiunsero altre, sempre più numerose e sempre più povere, che, una volta occupata tutta la pianura, dovettero arrampicarsi lungo le pendici dei monti. La collina così gremita fu battezzata, proprio dai superstiti della Guerra dos canudos, Morro da Favela, in ricordo della collina che sovrastava la loro libera città-repubblica nel nord. Ironico e profetico: ancora oggi, il nome Favela designa le baraccopoli in tutto il mondo.
Heitor doz Prazeres e la musica
Non sono passati neppure 10 anni dall’abolizione della schiavitù, quando Heitor dos Prazeres viene al mondo in una famiglia povera e numerosa, figlio di un mercenario un po’ musicista e di una sarta. Rimane orfano presto, a soli 7 anni, e già lavora con quello che trova: distribuisce giornali, scarica merci, esegue piccole commissioni. Heitor va anche a scuola, qualche volta, ma non impara mai a leggere e a scrivere. Da vecchio dirà che non non si era mai sforzato, perché a lui interessavano solo i colori, ma andiamo con ordine.
Heitor è povero, orfano, completamente analfabeta, ma ha uno zio musicista. A 12 anni gli regala il suo primo cavaquinho e lui già suonava molto bene lo strumento di suo padre, il clarinetto. Immaginate già il finale, vero? La musica salva il piccolo orfano che, grazie all’intervento del deus ex machina in forma di zio sambista, trova la passione, la salvezza e la notorietà. Heitor non diventa solo un buon musicista, ma l’anima del samba tradizionale carioca. La sua discografia è sconfinata, i suoi pezzi fondano un genere che aveva appena iniziato a prendere piede e lo fa uscire dai ghetti neri della Favela. A lui si deve anche la nascita di Portela, una delle più blasonate scuole di samba del Brasile, quella il cui inno è tutt’oggi lo spirito stesso del carnevale.
Heitor dos Prazeres e la pittura
Già così è una bella storia, ma Heitor ha troppa passione in corpo per limitarsi alla musica. Dirà di se stesso che il suo nome, dos Prazeres, “dei piaceri”, lo descrive come pieno di piacere e amore per il suo popolo, per quella moltitudine gremita e tragica che abita Praça 11, per la carne stessa dell’umanità.
Dagli anni 30, soprattutto dopo la morte della moglie, Heitor dipinge con grande trasporto scene tratte dalla vita quotidiana di quel popolo che gli scorre nelle vene. Sono scene primitiviste e naif, che ritrae a memoria perché, dice lui, non ha bisogno di modelli da copiare: ogni persona, ogni gesto, ogni momento che descrive è in lui. Musica e samba sono sempre presenti: i personaggi dei suoi quadri sembrano danzare anche quando sono intenti a lavorare, coltivare, passeggiare, e lui li ritrae tutti a testa alta, con lo sguardo rivolto al cielo.
Esiste questo breve documentario del 1965 dove è possibile ascoltarlo mentre parla della sua pittura e suona il suo samba. Non l’ho trovato sottotitolato, ma vi consiglio di guardare almeno qualche minuto, per farvi contagiare da quello spirito profondamente triste e leggero, che sprigiona immenso amore. Indubbiamente, questa è l’anima del samba, e un po’ di tutta l’arte: una tragedia a colori.
Heitor muore nel 1966, a 68 anni.
Note:
La Guerra dos canudos è stata raccontata dal premio nobel per la letteratura Mario Vargas Llosa, nel suo “La guerra della fine del mondo”.
Potrebbero interessarti:
Sonia Delaunay: vivere nei colori
Tra le personalità che più mi hanno ispirata, per la sua visione artistica e concettuale, c'è sicuramente Sonia Delaunay. Per lei il colore non era semplicemente qualcosa da ammirare sulla parete di un museo, ma una vibrazione costante dentro la quale avvolgersi e vivere.
L’arte plumaria: comunicare a colori con le piume
Quando i portoghesi arrivarono in Brasile nel XVI secolo, rimasero subito affascinati dai preziosi e coloratissimi ornamenti delle popolazioni locali: tanto che alcuni dei loro re chiesero espressamente di portare a corte copricapi di piume.
Noi, da occidentali, possiamo apprezzare la bellezza dei colori e la varietà degli ornamenti, ma purtroppo manchiamo della cosa più importante: la comprensione del loro significato.
Land art: l’arte della, nella, con la terra
La land art o earth art nasce negli Stati Uniti alla fine degli anni ‘60 e si trasforma presto in una corrente internazionale. Ecco la storia, la forza e la fragilità di un genere relativamente nuovo, ma che si ispira al legame più antico e profondo che abbiamo: quello con la natura.
Love it!
“Excellent!”
“Fantastic!”
“Great job!”
“Excellent!”
“Nice work!”
“Well done!”
“Impressive!”
Wow, incredible weblog structure! How long have you
ever been blogging for? you make blogging glance easy.
The total look of your site is wonderful, as well as the content!
You can see similar here sklep
A refreshing take on a complex subject.
“Keep it up!”
“Fantastic!”