Un verde può essere davvero acido e l’arancio può avere il profumo dei mandarini o dei fiori di campo. Non è solo poesia: stiamo parlando di cromestesia, una particolare capacità sensoriale. Chi la prova riesce a sentire il suono o il gusto dei colori, associa cioè in modo automatico, intuitivo e involontario un dato visivo a uno proveniente da altri sensi.
È molto comune anche l’inverso, ossia associare ad uno stato d’animo o ad un concetto astratto un colore preciso, e non solo per pura associazione di idee, ma proprio come se si trattasse di una sensazione fisica. Ad esempio, febbraio è viola ed io ho rinunciato ad acquistare un’agenda che me lo proponeva in celeste, perché mi avrebbe confuso le idee. Per di più, nella stessa agenda ottobre era marrone, bravi, come le castagne, ma ottobre è blu, il marrone semmai è agosto: vi rendete conto della confusione?
Che cosa è la Cromoestesia?
La cromestesia è il sottotipo “colorato” di una condizione medica chiamata sinestesia. Non si tratta di una malattia, bensì di una particolare conformazione neurologica: in chi è affetto da sinestesia le parti del cervello preposte ai sensi comunicano tra loro in maniera del tutto particolare. Ecco che allora è possibile sentire il gusto di un colore o ascoltarne il suono. La sinestesia “naturale” è una particolarità molto rara, che interessa tra lo 0,05% ed il 4% della popolazione mondiale; può essere anche indotta artificialmente, come effetto collaterale di determinati farmaci o droghe (ad esempio l’LSD).
La cromoestesia nell’arte
Uscendo dall’ambito scientifico, capiamo subito quanto la cromestesia possa dare stimoli estetici dirompenti in chi osserva o crea opere d’arte. Per un artista cromestetico i colori assumono un tono emotivo e una concretezza assoluti e le sue opere ne saranno inevitabilmente influenzate. Anche se la maggior parte di noi non potrà percepire i colori sulla tela come li “sente” un creatore cromestetico, è però sicuro che parte dell’emozione originaria trapelerà dal quadro e riuscirà a contagiare anche gli spettatori.
Artisti con il dono della cromestesia
Sarete curiosi di sapere se, tra gli artisti famosi degli ultimi secoli, ce ne sia stato qualcuno con il dono della cromestesia! La risposta è sì, e alcuni nomi famosi devono certamente parte del loro successo a uno straordinario feeling con il colore e la musica. Vediamone alcuni.
Vincent Van Gogh (1853-1890)
Chi non ha mai provato fascino e stupore per i vibranti colori di Van Gogh, i quali ancor oggi suscitano in noi forti emozioni? In anni recenti, l’associazione americana di sinestesia (ASA) ha analizzato gli scritti e le lettere del famoso pittore per determinare se avesse percezioni di tipo sinestetico: ne è emerso che effettivamente Van Gogh aveva il dono della cromestesia. Nelle lettere al fratello Theo, Vincent descrive i colori come stimoli sia visivi che uditivi: egli sentiva suoni acuti nei colori più intensi. A un certo punto della sua vita Van Gogh decise di studiare musica, ma le sue prime esperienze con il pianoforte lo misero a disagio: ogni nota sulla tastiera restituiva prepotentemente ai suoi sensi la vista di un colore. Forse Van Gogh è tra i più alti esempi di cromestesia applicata all’arte, perché ancora oggi nelle sue tele rimane traccia delle forti percezioni sensoriali che lo ispirarono.
E forse una cromoestesia così “invadente” spiega anche alcuni suoi comportamenti ossessivi. Trovate qui un articolo interessante che cerca di distinguere tra sinestesia e allucinazioni, indagando sulle possibili conseguenze psicologiche di una sinstenesia profonda.
Mikalojus Konstantinas Čiurlionis (1875-1911)
Questo artista è molto famoso in Lituania, la sua madrepatria, ma ancora poco conosciuto da noi. Eppure fu uno straordinario pittore e compositore. Čiurlionis visse in un’epoca dominata dalla corrente artistica del simbolismo, per la quale la sinestesia era un ideale da raggiungere: la possibilità di mescolare i sensi per arrivare a una percezione “totale” di un quadro o di uno spartito musicale era ciò che gli artisti e il pubblico desideravano sperimentare. Čiurlionis, che aveva in sé il dono della cromestesia, fu in grado non solo di inserirsi nello spirito dell’epoca creando opere nelle quali il colore e la musica dialogavano sottilmente tra loro, ma anche di andare oltre, approdando cioè all’astrattismo. E cosa meglio di un quadro astratto riesce a fare del colore il catalizzatore di significati e di sensi fisiologici ed emotivi?
Vasilij Vasil’evič Kandinskij (1866-1944)
Anche il celeberrimo Kandinskij, “padre” dell’arte astratta, da giovane era un simbolista: oltre a dipingere suonava il violoncello e si impegnava attivamente per portare le avanguardie europee nella sua Russia. In tutta la sua ricerca futura, la musica giocherà sempre un ruolo di primo piano: non solo per l’ideale sinestetico appreso dai simbolisti, ma anche per la sua dote personale, la cromestesia. Kandinskij associava ogni colore al suono di uno strumento musicale, e accostava perciò i toni sulle sue tele come per creare una ideale sinfonia. Per lui il giallo suonava con voce di tromba, il blu era un flauto, il rosso era una tuba; l’arancione una campana, il viola una zampogna, il verde un violino; il bianco era una pausa (silenzio musicale), mentre il nero era il silenzio vero e proprio, la fine. Forse nessun altro pittore ha saputo valorizzare la cromestesia a livello teorico e tecnico come fece Vasilij Kandinskij.
Aleksandr Nikolaevič Skrjabin (1872-1915)
Chiudiamo la nostra carrellata con un esempio “inverso” di cromestesia. Skrjabin, pianista e compositore, non si dedicò mai alle belle arti, eppure il senso del colore era per lui prepotente e giocava un ruolo fondamentale nella sua musica. Animo acuto e propenso alle sperimentazioni, Skrjabin arrivò a progettare una tastiera luminosa che fosse in grado di restituire al pubblico i colori che egli vedeva chiaramente nelle sue note. Per Skrjabin l’arte non era fatta di camere stagne nelle quali incasellare ogni disciplina artistica, era piuttosto una grande fontana alla quale ogni creatore, senza distinzioni di sorta, potesse bere. Per lui la musica non era un suono astratto, una voce immateriale, era invece colore, gusto, tatto, vita.
E per chi non prova spontaneamente la cromestesia?
Anche se la cromestesia è un dono innato che solo poche persone posseggono, anche i “normodotati” possono provare ad allargare gli orizzonti della percezione, come facevano ad esempio i simbolisti. Entrare in contatto con la bellezza dei colori e provare a immaginare – “che suono assocerei a questo prato verde?” – “che colore mi evoca il campanello di casa?” – ci aiuta a entrare in modo sempre più personale all’interno dell’universo artistico e a comprendere meglio le nostre opere preferite. In fondo tutta l’arte, che si tratti di musica, di pittura o di scrittura, ha il compito di evocare in noi un sistema di emozioni complesso che non si esaurisce quasi mai negli stimoli “semplici” di un unico senso. Forse siamo tutti un po’ cromesteti, o iniziamo ad esserlo quando la nostra passione per la bellezza ci spinge a penetrare sempre di più nei suoi misteri, cercando di replicare in noi l’emozione che un artista ha nascosto nelle sue opere.
Piccola storia sinestetica
Sebbene io sperimenti la sinestesia soltanto in rare occasioni (come nel caso dei mesi, di cui raccontavo all’inizio), ci sono occasioni in cui le sensazioni fisiche sono così precise e presenti, da segnare alcune scelte.
Springwater è una fantasia che ho recentemente ristampato su tessuto misto seta e lana, nata da un disegno su carta che in origine aveva colori molto accesi, con toni di rosso e arancio, e che ho poi manipola in digitale per ottenere questa palette di beige e verde acqua. Mentre ci lavoravo, mi sono resa conto che le mie sensazioni cambiavano radicalmente: quando la guardo in questa versione, sento sotto i piedi una sabbia finissima e ho l’impressione che i suoni si attutiscano, come quando metto la testa sott’acqua. A seconda del momento, queste sensazioni fisiche sono più o meno forti e, per questo motivo, la considero particolarmente speciale e potente.
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