Backstage: le sciarpe DIPLART sotto i riflettori!
Nuovo formato per le sciarpe DIPLART, nuova esperienza: vi racconto il mio primo dietro le quinte per il servizio fotografico dedicato alle double-face su seta-lana.
Siete mai stati su un set fotografico? Questa è la mia prima volta! Non è la prima di Artistante: i miei foulard erano già stati fotografati a Roma, in un periodo in cui gli spostamenti fra regioni erano ancora difficili, a causa della pandemia di COVID-19. Per questo, non avevo potuto raggiungere il set, il che mi aveva lasciata con qualche rimpianto e molta curiosità.
Voglio usare questo post per prendermi degli appunti e farne tesoro, quindi scriverò qui cosa ho azzeccato, cosa ho imparato, e anche cosa ho sbagliato in questa prima divertentissima esperienza dietro le quinte.
Ho proposto più volte le Diplart, in diverse versioni e diversi materiali, perché adoro i contrasti e perché il double-face è il modo più immediato di proporre un’alternativa. In più, soprattutto in inverno, sommare due strati di tessuto fornisce la giusta consistenza ad una sciarpa davvero comoda e coprente. Ovviamente, è importante scegliere un materiale che sia gradevole al tatto e morbido sulla pelle, soprattutto a contatto con viso. Per non sbagliare, per la nuova versione delle DIPLART ho scelto un filato misto seta-lana al 50%, prodotto, stampato e confezionato a Como.
Prima volta per il misto seta, e prima volta anche per il formato: compatto, classico, adatto al pubblico maschile quanto a quello femminile. Insomma, il mio primo formato UNISEX. Del resto, ero stufa di dare un genere alle mie sciarpe: quale capo è più trasversale?
Quanto alle fantasie, non mi sono preoccupata di adattarle ad un genere: come al solito, sono accese e invitanti, parlano di storie a colori e di un grande amore per i contrasti e per l’armonia.
Il prodotto c’è, ora va rappresentato. Per il servizio fotografico, questa volta ho deciso di spostarmi a Lucca, nello studio di Massimo Tessandori Bernini e, raccontandovi come è andata, voglio partire da una considerazione ovvia, ma non scontata.
Quando un compito sembra semplice, è perché qualcuno si è complicato la vita per renderlo tale.
Lo dico proprio io, che, in prima istanza, mi do da fare da sola e cerco la soluzione “fatta in casa”. Grazie a questo atteggiamento, ho acquisito abilità che, con il tempo, sono diventate il mio mestiere. Per tutte le altre, mi piace smanettare, informarmi, farmi una mia idea, ma poi passo la palla ai professionisti.
Chi è il professionista? È quello che per anni si è complicato la vita per diventare esperto nel proprio settore, così, quando arriviamo noi sprovveduti a chiedere un servizio, troviamo la strada spianata.
L’impressione che ho ricavato, dopo tre ore e mezza di scatti, è che tutti sapessero cosa fare e che lo facessero con grande efficacia, rapidità, semplicità, persino divertendosi. Io stessa, che in quell’ambiente figuro un po’ come un ippopotamo in una sala da tè, mi sono divertita, perché tutto mi sembrava facile ed immediato.
In verità non lo è affatto, ma un flusso di lavoro collaudato fa risparmiare tempo e stress.
Tutto era sincronizzato: soltanto io, qua e là, ho perso il ritmo.
Non avevo ragionato abbastanza su alcuni dettagli e ora, riguardando i provini, mi saltano all’occhio particolari che non quadrano. Nel complesso poco importa, ho tanti scatti tra cui scegliere, ma sono sviste che con un po’ più di esperienza non avrei commesso. Ad esempio: perché diavolo ho fatto sedere la modella con il trench addosso? E perché la sciarpa a volte è piegata in mezzi, a volte in quarti? Perché non ho cambiato nodo, da giro a cappio, fra una foto e l’altra? E quegli angolini girati a rovescio, come mi sono sfuggiti? E via dicendo.
Se avessi avuto più tempo, più pause, sarei riuscita ad evitare le sviste? Forse qualcuna, perché non sono abituata al ritmo di lavoro che c’è sul set fotografico, ma non tutte. Semplicemente, mi mancava l’esperienza. La prossima volta, mi armerò di check list: magari con il tempo diventerò una brava segretaria di produzione.
Non è come sembra: come per ogni rappresentazione, il grosso del lavoro non è in pedana e, fuori dalla pedana, è tutto un manipolare di ferramenta. C’è tanto hardware e molta, molta pratica. Magari non ci si sporca come quando si dipinge, ma non c’è poi tanta differenza.
Stare in mezzo a tutta quella attrezzatura mi ha fatto venire voglia di rinnovae la mia. Improvvisamente, voglio cambiare i miei monitor e risistemare lo studio, modificando tutti gli spazi e tutti i piani di appoggio.
L’invidia dell’hardware è uno degli effetti collaterali cui vado più soggetta in qualsiasi studio professionale che abbia a che fare con la creatività o con la progettazione. Si tratta di un’illusione che spinge a pensare che possedere TUTTA la strumentazione possibile dia automaticamente dei vantaggi. Eppure, proprio guardando Massimo, si capisce subito che non è una questione di quantità, ma di affinare solo quegli strumenti che si adattano al proprio stile e al proprio scopo. E non tutto può essere acquistato in un negozio di elettronica.
Detto ciò, sto forse per compare un monitor con una gestione del colore che simuli la quadricromia, anche se in 20 anni ho imparato a farne a meno? Forse sì.
Prendersi cura dei foulard di seta, come di altri capi di seta pura, richiede attenzione, ma non è difficile come potrebbe sembrare.
La seta è senza dubbio un tessuto molto delicato e si macchia facilmente, ad esempio sotto la pioggia, con il sudore o addirittura con il profumo. Eppure, a differenza di alcuni tessuti sintetici per i quali è praticamente obbligatorio il lavaggio a secco, la seta si può lavare facilmente a casa, purché si adottino alcuni accorgimenti che ne rispettino la fibra e i colori. In questa piccola guida scopriremo coma lavare la seta a mano o in lavatrice, come asciugarla e come stirarla, senza danneggiarla. Inoltre, vi darò un paio di consigli su come riporla correttamente nell’armadio.
➝ Come viene prodotta la seta? Leggi l’articolo
La seta è una fibra proteica di origine animale, quindi valgono le stesse regole che applichereste a dei capelli molto sottili e delicati: niente sfregamenti eccessivi, no alle temperature troppo elevate e ai trattamenti chimici aggressivi. Da evitare assolutamente detergenti contenenti cloro, come la candeggina, e sbiancanti di vario genere.
Se il vostro problema è una macchia in un punto preciso, lavate comunque tutto il capo, perché bagnando e asciugando solo una porzione del tessuto si potrebbero creare degli aloni. Nel caso del lavaggio a mano, non sfregate il punto interessato con nessuno strumento, tipo spazzole o tamponi, piuttosto massaggiatelo delicatamente con i polpastrelli.
Davvero si può lavare la seta in lavatrice? Ebbene sì! Controllate sempre l’etichetta del vostro capo, perché in caso di tessuti misti potrebbero non valere queste regole, ma se si stratta di seta pura il procedimento è abbasta semplice.
È il procedimento da preferire per lavare la seta, nel caso la vostra lavatrice non abbia un programma per delicati e non sia possibile impostare al minino la centrifuga. In questo caso, ecco come procedere:
Una volta terminato il lavaggio, è importante non strizzare il capo di seta: esattamente come i capelli, quando sono bagnate, le fibre della seta tendono ad essere più fragili. La cosa migliore è lasciarla gocciolare su una gruccia dentro la vasca o all’esterno, in un luogo fresco e ombreggiato. Il sole e il calore danneggiano la seta, quindi niente stendini esposti al sole o vicini a termosifoni o stufe.
Per velocizzare il processo, nel caso si tratti di un foulard vi consiglio di stenderlo su un asciugamano pulito che avvolgerete delicatamente su se stesso, senza spremere o strizzare. Apritelo dopo qualche minuto e appendete il foulard, che a questo punto non sarà più gocciolante.
A differenza di alcune fibre sintetiche, la seta sopporta la stiratura, purché a bassa temperatura. Stiratela sempre a rovescio e assicuratevi che il ferro sia impostato per funzionare senza vapore, che potrebbe creare delle chiazze di umido, e quindi degli aloni. Se temete per un voile particolarmente delicato, vi consiglio di stenderlo sotto ad un panno di cotone, in modo che non venga a diretto contatto con la piastra calda del ferro da stiro. Nel caso dei foulard, questo passaggio non è necessario: è sufficiente stirarli rapidamente, senza che il ferro da stiro indugi troppo nello steso punto.
La seta pura non è soggetta all’attacco delle tarme. Nel caso di capi misti con lana o cashmere, il pericolo è sempre in agguato, quindi il capo va trattato come si trattano i capi di lana, ma non è il caso dei foulard di seta.
La seta, però, è soggetta all’attacco di funghi e batteri. Per questo motivo, è importante riporla in un luogo asciutto e pulito. Il mio consiglio è quello di procurarsi una custodia di cotone dove riporre i propri foulard, e di sistemarla in modo che non rimanga addossata alla parete posteriore dell’armadio, che generalmente è dove si accumula più umidità.
Tutto chiaro? Ora siete pronti per prendervi cura del vostro coloratissimo foulard artistico.
Si fa un gran parlare di “slow fashion” e “abbigliamento sostenibile”. Molti brand dichiarano di utilizzare “tessuti naturali” o di offrire “capi ecologici”, ma non è sempre semplice capire cosa si intenda, soprattutto quando ci imbattiamo nei tessuti artificiali. Io stessa ho avuto difficoltà e ho sentito la necessità di fare qualche ricerca, per rispondere ad alcune domande. Che differenza c’è tra i tessuti artificiali e quelli sintetici? E sono davvero ecologici?
Ho trovato alcune informazioni molto utili che mi aiuteranno a fare scelte migliori: eccole, in sinestesi.
Per prima cosa bisogna fare un’importante distinzione, quella tra tessuti artificiali e tessuti sintetici. No, non sono la stessa cosa!
Il tessuto sintetico è un tessuto che deriva da polimeri, lavorati con processi chimici e che danno vita a prodotti resistenti ma non ecosostenibili. La materia prima di questi tessuti è di solito un tipo di scarto petrolifero, molto più economico delle fibre naturali.
La maggior parte dei brand di “fast fashion”, come le marche più famose che si possono trovare nei grandi centri commerciali, utilizzano tessuti sintetici. Costano poco e permettono di creare grandi quantità di vestiario in poco tempo.
Purtroppo, i tessuti sintetici sono l’antitesi dell’acquisto ecologico e responsabile. Il loro processo di produzione è altamente inquinante, così come il loro smaltimento.
Il tessuto artificiale può sembrare un sinonimo di sintetico, ma non è così.
Il materiale da cui deriva è totalmente naturale, e viene lavorato con metodo artificiale per creare delle fibre adatte a fare dei vestiti.
Un esempio?
Molti tessuti artificiali derivano dalla cellulosa degli alberi, lo stesso materiale che si usa per fare la carta. Il processo di lavorazione permette di creare splendidi capi in fibra di bambù, di cellulosa di faggio o di cellulosa di eucalipto.
Questi tessuti hanno un ciclo di produzione più ecologico. Non tutti al momento hanno lo stesso basso impatto delle fibre naturali (come lino, cotone e lana), ma la tecnologia sta facendo passi da gigante per permettere una produzione più pulita ed ecosostenibile, che riutilizzi, ad esempio, lo scarto di altri processi industriali (si parla quindi di economia circolare) e sia in grado di lavorare consumando quantitavi di acqua sempre minori.
Ora che sai qual è la differenza tra tessuti sintetici e artificiali, ti starai chiedendo: come posso capire qual è il tessuto che compone il mio capo?
La soluzione è più semplice di quanto non sembri. Basta leggere con attenzione l’etichetta.
Sull’etichetta, infatti, vengono indicati i nomi dei materiali e le loro percentuali: è di fatto il suo biglietto da visita. Per capire che cosa stai per acquistare, basta conoscere le tipologie più popolari di tessuto.
Sicuramente scegliere fibre naturali come il cotone è la scelta più ecologica, ma ciò non significa che non esistano delle valide alternative. I tessuti ecologici per abbigliamento, come i tessuti artificiali, sono una realtà sempre più affermata nel mondo della moda.
Le aziende produttrici studiano ogni anno metodi e tecniche per rendere la produzione di vestiti più ecologica. Impiegare questo tipo di fibre vuol dire promuovere un utilizzo più etico del tessuto, qualunque capo o accessorio si stia producendo, per un abbigliamento trendy, curato, elegante o semplicemente casual.
Un o dei vantaggi delle fibre artificiali è la loro versatilità. Alcune fibre naturali come il lino non si prestano a tutti i tipi di vestiario, e sono in genere più delicate. Le fibre artificiali come la viscosa sono estremamente resistenti, possono essere lavate in casa utilizzando sia in lavatrice che in asciugatrice, e non richiedono cure particolari. In alcuni casi, come per la viscosa di bambù, se ben riposte non necessitano neppure di essere stirate.
Lyocell, modal, rayon, lanital… ogni azienda di tessuti che si rispetti ha creato una versione di fibra artificiale che possa adattarsi alle richieste dei clienti più esigenti. Ecco quali sono i tessuti artificiali ecosostenibili più utilizzati e le loro differenze.
La viscosa è il tessuto artificiale più utilizzato in abbigliamento, e ne esistono di moltissimi tipi. Chiamata anche rayon, può avere due tipi diversi di origine: cellulosica o proteica. La viscosa cellulosica deriva dalla cellulosa degli alberi, mentre quella proteica può derivare perfino da materiali di scarto.
Questo la rende un tessuto molto più ecologico, perché permette di non buttare via quegli scarti di produzione che altrimenti rimarrebbero inutilizzati.
La viscosa è molto morbida e setosa, tant’è che quando fu prodotta all’inizio del Novecento venne considerata un’alternativa più economica alla seta.
Al giorno d’oggi ci sono moltissime aziende che producono viscosa, ed ognuna tende a dare il suo nome al prodotto finito per distinguerla dalle altre produzioni.
Una delle viscose più di moda negli ultimi anni è certamente quella di bambù: utilizzata soprattutto per l’abbigliamento estivo, ha avuto un grande successo per le sue proprietà traspiranti, l’estrema leggerezza e la versatilità.
Il modal è una “sottocategoria” della viscosa, e deriva dalla polpa di legno dell’albero di faggio. Si tratta di una versione più evoluta del rayon.
La cellulosa viene trasformata in un tessuto soffice e resistente, che non si restringe come il cotone. Come se non bastasse, è anche biodegradabile. Spesso viene utilizzato insieme al cotone o alla setao per creare altri tessuti misti.
Questo tessuto ha visto moltissime evoluzioni dal 1951, anno in cui è stato per la prima volta creato in Giappone.
Il lyocell è anch’essa una tipologia di viscosa, prodotta dalla cellulosa di eucalipto. Ha un basso impatto ambientale, perciò viene considerata “ecologica”. Esistono in commercio diversi tipi di lyocell, ma quella più affidabile viene prodotta dall’azienda Lenzig e viene chiamata “Tencel”.
Una delle viscose più all’avanguardia, create di recente, è il tessuto EcoVero. Si tratta di un tessuto derivato da fonti di cellulosa sostenibili, prodotto con una bassa quantità di emissioni e utilizzando il 50% in meno di acqua rispetto alla classica viscosa.
Indagare sulla sostenibilità dell’industria tessile è sicuramente un grosso passo avanti verso la salvaguardia del pianeta, ma, qualsiasi sia il processo di produzione di un capo di abbigliamento, il tessuto veramente ecologico è quello che non viene messo sul mercato.
La moda sostenibile è basata su un principio molto semplice: acquistare meno capi di abbigliamento, e sceglierli durevoli e di alta qualità.
Scegliere di acquistare in modo consapevole ha diversi vantaggi. Il primo è sicuramente un minore spreco e una valorizzazione di ciò che si possiede. Il secondo è un’attenzione maggiore ai temi dell’ecologia e della sostenibilità.
I capi di qualità, prodotti con tessuti naturali o ecosostenibili, sono creati con un processo che richiede meno acqua, produce meno particelle inquinanti e utilizza prodotti chimici sicuri per la pelle e per l’ambiente.
Anche se i capi di qualità hanno costi più alti, sono un vero e proprio investimento: possono durare diversi anni se trattati con cura, e sono di solito creati con linee e pattern che non passano mai di moda, non perché manchino di personalità o originalità, ma perché, se acquistati con consapevolezza, rispondono al tuo gusto personale. Qualsiasi sia il trend del momento, è il proprio stile a diventare protagonista.
Si tratta di un concetto totalmente opposto a quello della fast fashion, che si alimenta sul continuo ricambio delle collezioni, così spesso si finisce per buttare un capo dopo qualche mese perché non è più trendy o perché è composto di un tessuto di cattiva qualità. Inoltre, le aziende che producono collezioni nuove ogni tre mesi, si trovano costrette a distruggere una parte dei capi che producono, per l’incalzare delle stagioni, non potendosi permettere di riproporre lo stesso identico capo tutto l’anno e per due anni consecutivi.
Novità e spreco, spesso, coesistono.
Saranno 8 le fantasie delle nuove bandana che ho pensato per la primavera 2021, tutte come sempre coloratissime, stampate su una mussola di cotone certificato GOTS. Stamperò pochissimi esemplari per fansatia, perché mi piace variare e apprezzo l’idea che si tratti di oggetti praticamente unici.
Indice
Ha un suono esotico che, non so perché, associavo allo spagnolo. Invece, scopro che Bandana viene dal sanscrito “banshana”, che significa semplicemente legaccio, fiocco, nodo. Insomma, non è poi complicato: si tratta di un fazzoletto quadrato da annodare alla testa o al collo, in alcuni casi anche al braccio o alla borsa. Si porta per estetica, ma a volte anche come “bandiera” per segnalare l’appartenenza ad un gruppo. Ne sono un esempio quelle usate dai motociclisti o dai militari di un determinato battaglione. La bandana è un oggetto molto semplice, con mille declinazioni e possibilità.
Anche i soldati romani portavano un fazzoletto quadrato, che usavano per proteggersi la gola o la testa durante le loro lunghe marce, o lo chiudevano su se stesso per portare vettovaglie, usandolo come borsello improvvisato. Anche le matrone ne facevano uso: in questo caso si chiamava “Mappa” e veniva legato al polso. Lo utilizzavano per pulirsi il viso dal sudore o dalla polvere.
Insomma, un fazzoletto quadrato di stoffa fa sempre comodo, e forse la bandana è sempre esistita.
Ai tempi della Rivoluzione Americana, assunse il ruolo di vessillo politico, quando Martha Washington ne fece realizzare uno per suo marito, George Washington. La fantasia stampata sul fazzoletto lo ritraeva a cavallo con cannoni e scritte che inneggiavano all’indipendenza americana.
Forse è proprio in America che la bandana ha il suo maggior successo. Il fazzoletto di cotone legato alla nuca serviva per proteggere naso e bocca durante gli spostamenti verso ovest: per i pionieri e, soprattutto, per i cowboy, la bandana era un accessorio indispensabile. E non dimentichiamoci dei banditi…
Come Cowboy moderni, la bandana viene ripresa anche dalle bande di motociclisti e, più di recente, dalle gang metropolitane. Insomma, si direbbe che la bandana sia la versione non molto per bene e sicuramente meno patinata del foulard.
Negli anni settanta viene esibita dalle star del rock e impazza negli anni ottanta tra gli adolescenti: dai metallari ai paninari, tutti avevano il proprio modo di indossare la bandana.
Forse per riscoprire quel sapore giovanile, più ingenuo che trasgressivo, nel 2010 Luis Vuitton inserisce la bandana nella sua Cosmic Blossom Collection, con fantasie disegnate dall’artista giapponese Takashi Murakami.
La bandana viene indossata da uomini e donne indifferentemente, solo con qualche differenza di stile. Ad esempio, entrambi la portano in testa all’indiana (avete presente Azxel Rose?) anche se a volte le donne la mettono di sbieco, come fascia per i capelli. Anche la versione pirata, a triagolo sulla testa, è molto usata da entrami i sessi, e al collo, ossia alla cowboy, rende sia in versione motociclista che in versione pink lady.
Sulla bandana può essere stampata qualsiasi fantasia, ma siamo abituati ad identificarle con quelle monocromatiche, di solito rosso, blu o neri, con i disegni cashmere in contrasto bianchi e neri. Se ci liberiamo da questo dictact, che ci imporrebbe un look molto cashual jeans e maglietta, magari con un giubbottino corto, la bandana può trovare il proprio ruolo anche su un outfit più formale, ad esempio legata alla borsa o usata come cravattino. Certo, poi bisogna abbinare la fantasia al resto.
In generale, però, la bandana è fatta per un contesto sbarazzino: meno impegnativa del foulard, mette in campo l’ironia e permette abbinamenti azzardati, anzi, anche del tutto casuali.
Da settembre ho a disposizione i mockup dei miei foulard e a novembre è arrivata la produzione definitiva. Da allora, ho cercato di utilizzare i foulard il più possibile, anche se in questo periodo non abbondano le occasioni mondane. Quello che sto conducendo è una sorta di stress test: vorrei familiarizzare con il prodotto, come per le precedenti stole di seta, al punto da scovarne tutti pregi e i difetti. Lo scopo è che nessun dettaglio costituisca un imprevisto per la prossima produzione.
Fra le sei fantasie disponibili, ho ovviamente le mie preferite, ma sto cercando di fare di tutte un’analisi oggettiva, prendendo in considerazione la resa indosso, con pieghe diverse che quindi mostrano della fantasia solotanto delle porzioni. Il pattern design è una delle mie passioni, la seconda dopo la pittura su tela, e sto imparando ad adattare il mio senso del colore e della composizione ai diversi formati di destinazione.
Su questi ho senza dubbio ancora molto da imparare, ma per adesso non riesco a trovare unsingolo difetto al twill di seta che ho scelto e all’orlo cucito a mano. Di questo, devo ringraziare il mio fornitore di Como che mi ha guidata, anche da remoto, vista l’impossibilità di fare avanti e indietro dalla Lombardia.
C’è chi non ama avere qualcosa avvolto al collo e per questo non utilizza sciarpe o foulard, ma sono sicura che, in parte, questo sia dovuto a sgradevoli sensazioni tattili sulla pelle delicata del viso e del collo. Persino con la seta di può provare fastidio. Spesso, però, queste esperienze sgradevoli sono dovute ai materiali comuni, come viscose non particolarmente morbide, o sciarpe di lana mista a materiali sintetici che possono irritare. Soprattutto a contatto con la pelle, la scelta del materiale pregiato è da considerarsi una priorità. Forse, proprio la gradevolezza di questo twill di seta mi fa dimenticare di avere il foulard al collo. La seta è un materiale insieme leggero ed isolante, la protezione ideale in tutte le stagioni.
Non c’è bisogno di parlare dei grandi temi sollevati dalla Pandemia: per le informazioni importanti già seguirai decine di testate giornalistiche, TV e siti web. Qui parliamo solo di piccoli inghippi quotidiani, quelli che, in un futuro speriamo non troppo lontano, ci faranno sorridere.
Inizio io, raccontando la storia di un servizio fotografico molto speciale.
Niente servizio fotografico in piena pandemia, come fare? Modelle immuni al COVID, ecco l’idea! La creatività di due sorelle ha collaborato per mettere su uno show alternativo, che fosse glamour e divertente allo stesso tempo. Usando le foto dei foulard che ho scattato al bustino, Gabriella Vagnoli ha creato delle modelle molto speciali, piene di fascino e a prova di contagio.
Indossa
Foulard di seta
ARTICO
Indossa
Foulard di seta
ITAPARICA
Indossa
Foulard di seta
BEIJAFLOR
Indossa
Diplart Seta-Cotone
Cajuina
Indossa
Foulard di seta
BELLA DI NOTTE
È da ottobre che parlo dei miei foulard, anzi, da prima: in estate vi avevo già proposto alcune delle fantasie che poi sarebbero finite stampate su seta. Foulard, foulard, foulard: ci ho messo due anni a produrli e non aspettavo altro che il momento di presentarli.
A Marzo, quando la situazione dei contagi ci ha fatti andare in lockdown per la prima volta, ho titubato. Ero ad un passo dal traguardo: avevo i contatti giusti, stavo per decidere cosa stampare e in che quantità, ma era saggio investire in un prodotto costoso in piena pandemia? No, non credo fosse il momento giusto, ma dopo qualche settimana mi sono resa conto che rinunciare sarebbe stato deprimente. E allora vai: ho messo in conto che sarebbero riamasti nel cassetto a lungo, ma i foulard non passano di moda, non sono merce deperibile e io avevo bisogni di concludere un ciclo lungo due anni.
Quindi sono partita. In Estate sembrava che il COVID fosse sotto controllo e, sebbene tutti ci aspettassimo una seconda ondata, speravamo che, con tutte le precauzioni del caso, ti potesse continuare a lavorare. Così ho prenotato un servizio fotografico, perché volevo fare le cose davvero per bene.
Ad ottobre, però, ho cambiato idea. La situazione non era ancora quella di adesso, ma mi sono detta che non avrei rischiato la salute delle modelle, della fotografa, della truccatrice, solo per delle foto, quindi ho fermato il progetto. Non annullato: solo rimandato. Fatto sta, che non avrò le foto per Natale.
Forse non vi ho ancora detto che ho una sorella. Si chiama Gabriella Vagnoli, vive negli USA, ha solo due anni meno di me, ed è un’illustratrice di libri per ragazzi. Non ci vediamo da un po’: avrei dovuto prendere un aereo ad agosto per andare da lei, ma non me la sono sentita. Anche con lei mi sono lamentata: uffa sei troppo lontana, uffa non vedo i nipoti, uffa non posso neppure fare il servizio fotografico per i foulard! (in ordine discendente di importanza, ovvio).
Ed è così che, un po’ per scarabocchiare mentre ascoltava una conferenza online, un po’ per perdersi gioco dei miei uffa e farmi sorridere, Gabriella ha partorito la prima Top Model a prova di COVID. L’ho adorata subito! L’ho pregata di farmene altre, scegliendo a caso fra i foulard e le stole, e alla fine ne sono nate cinque, tutte piene di fascino e divertenti quanto basta per trasformare il problema photoshooting in una risorsa di buon umore.
Grazie a Francesco Pratesi del progetto Aladar Music, che mi ha messo a disposizione il brano Groove 3 per la soundtrack! Aladar Music è una canale di arte e musica: “Brand new iChannel about Music, Photography Expo, Art Galleries and Travels. Free playlists and videos from new artists of different kind of music.”
Scrivilo nei commenti per farmelo sapere.
Nuovo formato per le sciarpe DIPLART, nuova esperienza: vi racconto il mio primo dietro le quinte per il servizio fotografico dedicato alle double-face su seta-lana.
Hai acquistato uno dei foulard di seta Artistante e temi di doverlo portare in lavanderia ogni volta che lo usi? Non temere: scopri come lavare la seta, stirarla e mantenerla brillante, proteggendola dall'usura e dai parassiti.
La moda sostenibile è possibile, grazie ai tessuti innovativi naturali. Sto imparando a conoscerli e condivido con te le mie scoperte, a cominciare dalla differenza tra tessuto artificiale e tessuto sintetico.
Il foulard di seta deve il suo successo al perfetto connubio tra praticità e stile. Portato al collo, grazie alle proprietà isolanti della seta, è un rifugio perfetto per la gola, sensibili in tutte le stagioni agli sbalzi di temperatura. Ma diciamoci la verità: il foulard è soprattutto un accessorio artistico, capace di impreziosire anche l’outfit più semplice con un tocco di personalità, oltre che di colore, il che lo rende anche uno dei regali ideali per gli amanti del fashion, ma anche dell’arte. Lo si può mettere, togliere e rimettere, poi riporre nella borsa all’occorrenza: il twill di seta è più resistente di quanto si creda, non si spiegazza facilmente ed è leggero, quindi pratico da portare con sé anche in una pochette molto piccola. Le ragazze più estrose sono capaci di abbinare anche due foulard per volta, con sue fantasie diverse, magari uno da collo e uno in vita, oppure appeso alla borsa. Il foulard ha in genere una misura standard di 90×90 cm, ma nel caso di foulard più grandi, come i 140x140cm, è anche possibile ideare graziosi corpetti estivi, da indossare al posto del top. Per ora, limitiamoci alle basi: ecco una guida illustrata che ti insegna come indossare il foulard di seta in ogni occasione.
Quasi tutti i modi di indossare il foulard quadrato partono da due piegature, una che chiameremo “banda” e una “triangolo”. Inizia quindi imparando a piegare il foulard seguendo questi semplici passaggi, ti sarà più facile seguire questa guida su come indossare il foulard.
Come prima cosa, individua il retro del foulard: ti puoi aiutare osservando l’orlo. Dopo che avrai piegato il foulard, il fronte deve risultare all’esterno. Per iniziare, stendilo con il retro verso di te e il fronte verso il basso.
Segui le illustrazioni per imparare a piegare il foulard quadrato di seta ed ottenere una banda, con il quale potrai giocare per inventare modi sempre nuovi di indossarlo.
Il triangolo può essere di due tipi: semplice, ottenuto piegando in due il foulard sulla diagonale, oppure con la banda, che si ottiene girando una fascia del triangolo su se stessa.
Parti dalla piega a banda e lega il foulard con un nodo laterale, lasciando liberi gli estremi di muoversi incorniciando il tuo viso e i tuoi vestiti. Questo è il modo più semplice e sbarazzino.
Parti dalla piega a triangolo semplice, gira i lembi dietro al collo e portali davanti, lasciandoli svolazzare ai lati.
Parti dalla piega a triangolo semplice, gira i lembi dietro al collo e portali davanti per chiuderli sotto al mento.
Parti dalla piega a triangolo semplice, gira i lembi dietro al collo e portali davanti per chiuderli sotto al mento, ma questa volta fai il nodo sotto al triangolo che fa da bavero.
Parti dalla piega a banda, fai tre nodi sul davanti e lascia il foulard cadere come una cravatta o una treccia.
Parti dalla piega a banda, fai un nodo di lato e chiudi a fiocco, per un effetto iper romantico.
Parti dalla piega a triangolo con la banda, appoggia sulla fronte la parte centrale poi gira gli estremi dietro, annodandoli sulla nuca, sotto ai capelli.
Parti dalla piega a a triangolo con la banda, poi gira dietro la testa gli estremi, legandoli supra al foulard e ai capelli.
Parti dalla piega a banda, creando una fascia sui capelli, con i lembi legati dietro alla nuca.
Sono pochi gli uomini che possiedono un foulard. La maggior parte non saprebbero indossarlo, ma questo è un tabù facilmente aggirabile: basta iniziare. Il foulard, anche nel suo formato più classico, 90×90 cm, e persino con le fantasie più sgargianti, è un accessorio duttile che ha il pregio di mettere in risalto, con un piccolo tocco, una personalità decisa e complessa.
Il materiale è importante: seta, ovviamente. Un bel twill brillante e morbido sul viso e sulla pelle sarà gradevole da portare in ogni stagione, anche con la barba.
Nuovo formato per le sciarpe DIPLART, nuova esperienza: vi racconto il mio primo dietro le quinte per il servizio fotografico dedicato alle double-face su seta-lana.
Hai acquistato uno dei foulard di seta Artistante e temi di doverlo portare in lavanderia ogni volta che lo usi? Non temere: scopri come lavare la seta, stirarla e mantenerla brillante, proteggendola dall'usura e dai parassiti.
La moda sostenibile è possibile, grazie ai tessuti innovativi naturali. Sto imparando a conoscerli e condivido con te le mie scoperte, a cominciare dalla differenza tra tessuto artificiale e tessuto sintetico.
Esistono decine modi diversi di indossarlo, e se si aggiungono accessori, come anelli porta foulard e mollette, le possibilità di moltiplicano. Raccontami il tuo stile nel commenti!
Quando ho deciso di produrre le Bamboo T-Shirt, ho individuato i migliori fornitori per acquistare il prodotto finito, che avrei poi stampato con le grafiche Artistante. Il tessuto in Bambù non è ancora molto diffuso e non è stato facile scovare il modello che avevo in mente, che doveva avere un taglio femminile, più sbracciato e scollato della classica t-shirt.
Ben presto, mi sono resa conto che molti ottimi prodotti, sia in cotone che in viscosa di bambù, provenivano dall’India. La questione etica non era uno dei requisiti che mi ero posta, perché sono abituata ad acquistare i tessuti grezzi in Italia, ma, nel caso del prodotto finito in Bambù, le importazioni offrivano quello che stavo cercando.
Sorprendentemente, mi sono accorta che, come consumatrice, sono molto meno esigente che come produttrice e questa scoperta mi ha fatto riflettere. Quando compro la camicetta estiva nelle grandi catene, quasi mai guardo l’etichetta: mi aspetto di trovare scritto India o Cina, ma do per scontato che siano i brand ad applicare regole e filtri, cui io non devo pensare. In verità, è risaputo che la realtà può non essere così limpida e che l’etica non è la priorità dell’industria dell’abbigliamento.
Da consumatrice, posso tentare di orientarmi su un brand le cui politiche di produzione siano il più possibile trasparenti ed etiche, ma da piccola produttrice come potevo regolarmi?
Volevo produrre quelle magliette, ma…
A chi potevo chiedere quali fossero le condizioni di lavoro nella fabbrica indiana?
Di certo, non potevo andare di persona a controllare.
Così ho scoperto che esistono organizzazioni internazionali, come la Fair Wear Foundation, che lo fanno al posto mio. Il loro marchio accompagna le specifiche dei capi importati e questo mi ha dato modo di scegliere il prodotto ideale dai cataloghi, con la certezza di avere, almeno in parte, il controllo della filiera.
La FAIR WEAR FOUNDATION nasce nel 1999 quando, in Olanda, un sindacato e un gruppo di difesa dei lavoratori si uniscono per migliorare le condizioni dei lavoratori nell’industria dell’abbigliamento. Iniziano ad occuparsi delle industrie Olandesi, ma ben presto si rendono conto di dover ampliare i loro orizzonti. Oggi, la Fair Wear Foundation collabora con industrie e governi di tutto il mondo, in particolare in Asia, Europa e Africa.
La base della collaborazione tra Fair Wear e i membri è il “Codice delle pratiche di lavoro”. Il nucleo di questo codice è costituito da 8 STANDARD derivati dalle Convenzioni ILO e dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite.
1 – Il lavoro è una scelta libera – No alla schiavitù.
2 – Diritto alla formazione di sindacati e diritto alla negoziazione collettiva.
3 – Nessuna discriminazione, raziale, religiosa o di genere.
4 – No al lavoro minorile.
5 – Salari adeguati.
6 – Orari di lavoro regolamentati, con giorni di riposo inclusi.
7 – Condizioni di lavoro sicure, in un ambiente salubre.
8 – Rapporto di lavoro legalmente vincolante per entrambe le parti.
Per saperne di più su Fair Wear Foundation, clicca qui
I foulard di seta sono finalmente arrivati. Le fantasie sono 6 in tutto e potete trovarli qui.
La seta mi ha messa a dura prova, tanto che per un po’ ho pensato di non produrre più le stole, ma ho continuato a cercare e a fare esperimenti, persino fuori dall’Italia, ordinando delle prove di stampa in Turchia.
No, ti tranquillizzo subito: non ho intenzione di produrre in Turchia, ma le prove di stampa che ho fatto laggiù mi hanno aiutata a conoscere meglio i materiali e le rese cromatiche. Insomma, ho investito in “Ricerca e Sviluppo“, come farebbe un’industria, anche se i miei processi non hanno niente di industriale.
Il prossimo passo: Como.
Ed ecco che arrivo al dunque: proprio in questi giorni, ho mandato in stampa i primi campioni a Como, dove la seta è di casa e dove ci sono produttori e stampatori che si occupano solo ed esclusivamente di tessuti serici. Ho anche preso contatto con sartorie dedicate al settore, affinché il materiale venga lavorato a regola d’arte, a mano, con tutta la cura necessaria.
Ti sento da qui, stai dicendo che avrei potuto pensarci prima, “Como, è così ovvio!”, ma non stai considerando il fattore numerico. Non è stato facile trovare i contatti giusti e ancor più difficile è stato convincere i fornitori a lavorare con me, perché non sono un’industria: non faccio grandi numeri e non sono un cliente appetibile, anzi, costituisco una scocciatura, perché accontentarmi significa infilare la mia piccola produzione fra produzioni molto più importanti, sprecandoci, però, lo stesso tempo per impostare i macchinari. Fai conto che è come usare la linea di produzione della Ferrari per far uscire degli apriscatole: non conviene.
A smuovere la situazione è stato il fatto di poter documentare la mia precedente esperienza. Ho detto loro: “Guardate, faccio cose belle: non è un capriccio, le faccio come missione”. Insomma, è scattata un po’ di solidarietà fra un mondo che è ancora legato all’artigianato e un’artista, ma se non avessi speso due anni a fare esperimenti in giro per l’Italia e per il mondo, non avrei avuto la credibilità necessaria ad agganciare il fornitore che volevo.
Qui, in anteprima, le 4 fantasie che ho pensato per i foulard dell’autunno.
Questo è un mare freddo e profondo, che ho conosciuto da bambina, esplorandolo sul Nautilus. Non ha un fondale, solo correnti profonde che trasportano plancton e banchi di krill, con i loro rilessi fluorescenti. È un mondo vivo e misterioso, in cui si muovono i grandi cetacei, benedicendo l’oceano con la loto maestosa presenza.
Mas o mar não é todo mar
Mar que em todo mundo exista
O melhor, é o mar do mundo
De um certo ponto de vista
De onde só se avista o mar
E a ilha de Itaparica
Beira mar, Gilberto Gil
Questo mare è completamente diverso: è caldo, mi attira sul suo fondale morbido in ampie spire di bestioline guizzanti e colorate. Potrei rimanere ore ad inseguire paguri e donzelle colorate, senza aver paura di naufragare. Del resto, lo dice anche Gil nella sua canzone: il mare non è tutto lo stesso mare e persino l’oceano dipende dal punto di vista.
La casa dei miei nonni al mare, vicino Cerveteri, è in uno di quei complessi candidi di casette terrazzate e piscine condominiali, dove ogni aiula è decorata con fitti cespugli di belle di notte. Da piccola pensavo fosse uno spreco: perché decorare le aiule con fiori che non si mostrano, se non quando non li stiamo guardando? Ma la notte non è semplicemente la fine del giorno e il momento del sonno: crescendo ho imparato che anche il buio merita i suoi colori e i suoi profumi.
Avrei potutto intitolare questa fantasia “giardino”, ma, da questo lato dell’equatore, non ne conosco che siano abitati da Colibrì, così ho scleto la parola portoghese. Abitando in Brasile, ho imparato che i Colibrì, a dispetto delle loro dimensioni, sono bestioline agguerrite: hanno l’anima del combattente e la rapidità dello spadaccino. Difendono il territorio attaccando uccelli molto pù grandi di loro, qualora dovessero aviccinarsi ai minuscoli nidi.
Nuovo formato per le sciarpe DIPLART, nuova esperienza: vi racconto il mio primo dietro le quinte per il servizio fotografico dedicato alle double-face su seta-lana.
Hai acquistato uno dei foulard di seta Artistante e temi di doverlo portare in lavanderia ogni volta che lo usi? Non temere: scopri come lavare la seta, stirarla e mantenerla brillante, proteggendola dall'usura e dai parassiti.
La moda sostenibile è possibile, grazie ai tessuti innovativi naturali. Sto imparando a conoscerli e condivido con te le mie scoperte, a cominciare dalla differenza tra tessuto artificiale e tessuto sintetico.
La ringrazio anche per questo splendido progetto che sta portando avanti, cercando sul territorio piccole realtà artigianali da promuovere, in questo momento di difficoltà.
Andate a vedere anche gli altri articoli, sono tutti interessanti e pieni di spunti creativi.
Trovate il suo articolo su Artistante qui.
Nel mio piccolo, quando progetto un prodotto, fra le altre mille domande, me ne faccio una che è sempre più importante:
Quanto è sostenibile?
Con entusiasmo adotto tutte le soluzioni che mi consentono di creare qualcosa di nuovo, senza pesare sull’ecosistema, e questa shopper mi dà esattamente l’opportunità che cerco, per due motivi:
– Viene confezionata in India, da un produttore che si attiene alle direttive della della Fair Wear Foundation.
– Viene prodotta al 30% con i ritagli di cotone organico non utilizzati per altri indumenti e con il 70% di fibra sintetica completamente riciclata post-utilizzo.
È una cosa piccola, ma vale.
E al centro dell’artwork, ho inserito un motto:
Quest’anno, Rosetta Moda Positano ha adottato due fantasie Artistante per le sue creazioni sartoriali dall’inconfondibile “stile positanese”, garanzia di artigianato Made in Italy dal 1967.
Rosetta Moda Positano mi ha regalato una soddisfazione enorme: non c’è niente che avrei desiderato di più che vedere la mia Persiana Blu nelle mani sapienti di una sartoria artigianale di lunga tradizione.
Insieme alla fantasia Persiana, ho il piacere di veder stampata anche la fantasia a Limoni, creata appositamente per la sartoria campana.
Di queste creazione mi piace tutto: lo charme dei modelli morbidi ed eleganti, il tocco etnico abbinato al classico italiano e, ovvimanete, i colori.