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Sonia Delaunay: vivere nei colori

Sonia Delaunay: vivere nei colori

Arte, pittura, pattern design, artigianato, moda… da dove cominciare a parlare di Sonia Delaunay?

Sonia Terk, sposata Delaunay, è una tra le personalità del ventesimo secolo che trovo più ispiranti per il gusto di oggi: non solo è stata un’eccelsa pittrice, ma ha saputo dare lo statuto di arte a ciò che un tempo era visto come semplice artigianato; non solo ha prodotto decine di dipinti, ma ha realizzato anche innovativi abiti e creazioni per la casa, sempre rimanendo fedele alla propria vocazione artistica. Per lei il colore non era semplicemente qualcosa da ammirare sulla parete di un museo, ma una vibrazione costante dentro la quale avvolgersi e vivere. Viveva nei colori infatti, Sonia: in essi vedeva racchiusi non soltanto stimoli visivi ma anche sonori e tattili. Per lei, il colore era il veicolo per recuperare le sensazioni e i suoni delle molte parti d’Europa dove si è trovata a vivere.

Sonia Delaunay, vivere a colori, storia del pattern design

Il viaggio di Sonia Delanaunay, a partire dall’Ucraina.

Sonia nasce a Odessa, una grande città dell’attuale Ucraina, nel 1885. Trascorre poi l’infanzia in un piccolo villaggio ma mostra presto un talento artistico fuori del comune; per questo i suoi genitori decidono di darle un’educazione internazionale. Studia così a Pietroburgo, ma a diciott’anni è già in Germania a perfezionarsi nel disegno; poco più che ventenne arriva a Parigi, la capitale artistica dell’epoca, dove si innamora dell’arte di Gaugin e Van Gogh e se ne fa ispirare. Nel 1910 sposa il francese Robert Delaunay, anche lui artista, intraprendendo al suo fianco un cammino non solo d’amore, ma anche di ricerca. 

All’inizio del ventesimo secolo, l’arte spesso si accompagna alla scienza. Sia Robert che Sonia amano profondamente i colori e studiano insieme le rifrazioni della luce per individuare tinte sempre più vibranti. I due sposi aderiscono a un movimento artistico chiamato cubismo orfico, contraddistinto da un’attenzione al colore e alla geometria accompagnati però da un’aspirazione dinamica che lo apparenta con il più conosciuto futurismo. 

Sonia Delaunay, vivere a colori, storia del pattern design

Dalla pittura alla moda

Il viaggio della vita di Sonia non si svolge solo tra i paesi più artisticamente attivi d’Europa, ma anche tra i grandi cambiamenti sociali e i drammi storici del secolo. Durante la prima guerra mondiale, trentenne, vive in Spagna dipingendo ed esponendo senza sosta; ma con la rivoluzione russa del 1917 le sue entrate familiari sono in crisi e lei ha un disperato bisogno di soldi. È così che inizia a cercare un lavoro più redditizio della pittura e approda a quello che fino ad allora sembrava puro artigianato: la creazione di linee d’abbigliamento. Ma quando si è artisti, lo si è qualunque sia il supporto utilizzato, e così i vestiti di Sonia entrano nella storia del design come vere opere d’arte. Il suo atelier di Madrid veste le signore alla moda ma anche le attrici e le danzatrici dei Ballet Russes.

Sonia Delaunay, vivere a colori, storia del pattern design

Arte e design femministi

Dopo la prima guerra mondiale la donna smette di essere l’angelo del focolare: il dramma che ha portato milioni di uomini al fronte ha aperto alle loro mogli le porte delle fabbriche, dove hanno indossato per la prima volta i pantaloni e si sono rese conto di essere in grado di supportare da sole l’economia dei loro Paesi. Così le donne europee degli anni ‘20, quelle che Sonia Delaunay veste con passione, desiderano mettersi al centro della scena e trovano negli abiti moderni la via per esprimere le loro aspirazioni. Quando nel ‘21 Sonia torna a Parigi, il mondo del design le è entrato dentro e non vuole più lasciarlo: disegna abiti ma anche tessuti d’arredo e persino automobili.

Sonia è ormai famosa, ma non come meriterebbe. E il motivo è semplice: è una donna. Anche se il femminismo ha alzato la testa dopo la Grande Guerra, i passi da fare sono ancora molti. Così lei lotta per il riconoscimento delle donne artiste, prima messe troppo spesso da parte, e nel 1964 riesce finalmente a ottenere una propria retrospettiva al celeberrimo museo del Louvre, la prima dedicata a una donna. Certo, la mostra non è sua esclusiva, essendo dedicata anche al marito: in ogni caso, i due ottengono pari spazio e dignità.

Sonia Delaunay, vivere a colori, storia del pattern design

Le opere di Sonia Delaunay

Sonia Delaunay è ricordata per diversi aspetti, primo tra tutti la capacità di rinnovare l’arte del tessuto e dell’arazzo prendendo spunto dalla pittura. La corrente artistica di cui faceva parte, l’orfismo, si orientava alla ricerca della geometria creando opere di puro colore: ebbene, perché questa novità doveva fermarsi solo alle tele? Trasportando la geometria e la cura delle tinte nei tessuti, l’artista ucraina ha aperto gli occhi dei parigini sulla possibilità di indossare l’arte e di tappezzarne la propria casa. Di Delaunay è rimasto famoso anche l’atelier da cui uscivano abiti “simultanei”: moderni, futuristi, dal taglio semplice e squadrato eppure intrisi di colore, come una continuazione delle sue tele. 

Nel suo libro L’influenza della pittura sul mondo, Sonia spiega che ogni colore a noi visibile è in realtà composto da una miriade di altre tinte, che riunite danno luogo a quella che noi osserviamo. Ma se queste tinte fossero scisse attraverso un prisma potrebbero mostrare allo stesso tempo il loro sottile legame e la loro ricca diversità. Ecco perché l’accostamento di tanti colori per lei non era semplice estetica, ma si basava su una ricerca dei fondamenti essenziali della visione.

Sonia Delaunay nella sua lunga vita (ben 95 anni quasi interamente dedicati all’arte) ha avuto modo di dire la sua in tanti modi: disegnando abiti, tessuti e mobili, certo, ma anche coltivando la pittura ed esponendo opere astratte. Ha collaborato inoltre con molti artisti, dall’amico poeta Blaise Cendrars del quale illustrò un libro fino al dadaista Tristan Tzara con cui realizzò costumi e abiti-poesia. La convivenza di pratiche tanto diverse l’ha fatta entrare nei musei, nei teatri e nelle case: “Amo la creazione più della vita” scrisse “e sento di dover esprimere me stessa prima di scomparire”.

Sonia Delaunay, vivere a colori, storia del pattern design

Come ammirare la sua arte: mostre e libri

Le opere di Sonia Delaunay sono state esposte in gallerie prestigiose: dal Louvre di Parigi alla Tate Gallery di Londra.

Il Musée d’Art Moderne de Paris le ha dedicato una mostra nel 2015, di cui è possibile ammirare alcuni “spezzoni” in questa pagina dedicata.

Fino a giugno 2022 chi avesse la possibilità di fare un viaggio in Danimarca potrà ammirare un’ampia selezione delle sue opere al Louisiana Museum of Modern Art di Humlebæk. In Italia al momento non sono presenti delle mostre dell’artista, ma nel 2021 per diversi mesi le è stata dedicata un’esposizione a Torino, nella galleria Elena Salamon. Speriamo che le sue opere tornino presto a transitare per il nostro Paese!

Per ultima cosa, vorrei segnalare un bel libro per bambini: Sonia Delaunay – una vita a colori. Si tratta di un volume illustrato, edito da FANTATRAC, adatto ai bambini delle elementari: vi si racconta la personalità dell’artista con l’intento di spronare i piccoli a sperimentare col colore.

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Marion Dorn: una pittrice e scultrice di tessuti

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Marion Dorn - storia del pattern design

Se tra gli anni ‘30 e ‘40 aveste preso la metropolitana di Londra e l’aveste usata per fare la spola tra gli hotel più importanti e lussuosi della City, vi sareste trovati circondati ininterrottamente delle opere di Marion Dorn. Questa designer tessile, nata in America, ma trasferitasi in Gran Bretagna nei primi anni ‘20 del secolo scorso, ha davvero dato forma al gusto e agli spazi della contemporaneità: i suoi tappeti, le sue moquettes, le sue carte da parati sono stati apprezzati dai grandi architetti, dalle famiglie più alla moda e anche dalle amministrazioni cittadine del suo tempo. Dai copri sedili della metropolitana fino alle hall più raffinate, le opere di Marion Dorn cullavano lo sguardo dei londinesi e dei visitatori da tutto il mondo.

Marion Dorn - storia del pattern design

Gli esordi: il Batik

La storia di Marion inizia a San Francisco, dove nel 1919 sposa il suo maestro e collega Henry Varnum Poor. Entrambi erano designer dalla mente brillante che non volevano limitarsi al campo ristretto dei loro studi universitari (lei era artista grafica, lui pittore) ma avevano voluto andare oltre. Henry realizzava affreschi molto apprezzati ma anche ceramiche e persino progetti architettonici; Marion creava illustrazioni, ma poi scoprì nei tessuti la sua grande passione. Quando gli sposi decisero di trasferirsi a New York subito dopo il matrimonio, lei era una apprezzata creatrice di Batik. 

Il batik è un tipo di tappeto che ha origine in Indonesia, ed è molto interessante perché rappresenta una via di mezzo tra l’artigianato tessile e la pittura: infatti, in indonesiano, batik deriva dalle parole amba (scrivere) e titik (goccia): “scrivere con le gocce”. Per colorare un tappeto chi pratica il membatik, cioè il design dei batik, impregna alcune parti del tessuto con un impasto alla cera. In questo modo le aree impregnate non si coloreranno, perché le fibre del tessuto così trattate impediranno il passaggio del colore. Dopo aver passato la cera creando un disegno invisibile, l’artista immerge il tappeto in un bagno di colore. Successivamente toglie la cera con un ferro caldo e ammira il disegno compiuto, che compare sul tappeto come se fosse un negativo fotografico.

Da New York a Londra, dal Batik ai tessuti stampati

Dopo qualche anno a New York, Marion Dorn vede cambiare la sua vita all’improvviso: incontra la sua vera anima gemella, che non è il marito che aveva seguito fino ad allora ma un brillante illustratore, scenografo e grafico: Edward McKnight Kauffer, apprezzato poster designer a cui gli Stati Uniti iniziano a stare un po’ stretti. Con lui, Marion trova il grande amore, ma anche una città adottiva che le garantirà il successo: Londra. Dal suo arrivo, nel ‘23, la designer americana trova stimoli nuovi e anche quegli agganci che la porteranno al successo.

A Londra Marion continua a creare batik, ma stampa anche sulla seta e sul lino. Nel 1925, la prima consacrazione: cinque dei suoi tappeti compaiono sulla prestigiosa rivista Vogue. I suoi tessuti dal design moderno da allora fanno letteralmente girare la testa ai londinesi: iniziano a decorare i negozi più raffinati della City ma anche gallerie e musei. A partire dal ‘34, quando Marion fonda una vera e propria azienda con tanto di marchio, arrivano le commissioni più importanti: hotel di lusso, come dicevamo prima, ma anche metropolitane.

Marion Dorn - storia del pattern design

Lo stile di Marion Dorn e il futuro del pattern design

Ma cosa avevano di tanto speciale i suoi design? Erano creazioni al passo coi tempi, aperte al futuro: le linee spesse che attraversavano i suoi tessuti creavano geometrie solide e vigorose; anche gli elementi naturali come fiori, foglie e uccelli venivano sublimati e inscritti in geometrie regolari e pulite, ma allo stesso tempo mesmerizzanti. Marion Dorn è nota anche per i suoi tappeti “scolpiti”, nei quali il disegno non era ottenuto tramite il colore ma con un processo simile al bassorilievo: il pelo lungo era attraversato da solchi che, proprio come incisioni nella pietra, creavano geometrie rivelate dal gioco di luce ed ombra sulla superficie.

Marion Dorn - storia del pattern design

Gli utimi anni

Nel 1950, dopo anni trascorsi fianco a fianco, Marion ed Edward si sposarono e decisero di tornare negli Stati Uniti, prendendo casa a New York. Purtroppo Edward morì poco dopo, nel 1954. Nel ‘57, arriva per Marion uno degli ultimi successi: viene eletta membro onorario della British Society of Industrial Artists per i contributi che le sue opere avevano dato al design tessile nazionale. Negli anni ‘60 Marion decide di trasferirsi in Marocco, forse per trascorrere gli anni della vecchiaia in una terra più calda e assolata, ma forse anche per rimanere circondata da una cultura del tessile antica ma vibrante come quella nordafricana. Nel 1964 Marion Dorn muore a Tangeri.

Naturalmente, il suo lavoro continuò ad ispirare l’industria tessile mondiale, a partire da altre donne, come lei immigrate in Inghilterra per applicare la loro arte all’industria. Parlo ad esempio di Marianne Straub.

Marion Dorn - storia del pattern design

Dove ammirare le sue opere

Dove andare a caccia delle opere di Marion Dorn? Prima di tutto, nel prestigioso Albert & Victoria Museum di Londra: nella collezione tessile del museo e anche nel catalogo online è possibile trovare diversi esempi di tessuti stampati dalla nostra designer. Andiamo dai parati in tinte chiare e con ispirazioni floreali fino ai tappeti più geometrici e astratti. 

Nel museo dei trasporti di Londra, poi, si possono ancora ammirare le moquettes che Dorn realizzò per il servizio pubblico: dalle prime grafiche basate sul contrasto tra il rosso e il nero fino alle più “riposanti” moquettes in toni marroni e verdi degli anni ‘40. Secondo la direzione del museo, le moquettes della Dorn sono decisamente di rottura rispetto a quello che era lo standard precedente, monotono e generico, e rappresentano quindi l’ingresso del design anche negli spazi pubblici prima sottovalutati. 

Esistono infine alcune pubblicazioni realizzate da Dorn in collaborazione con il suo compagno di vita, Kauffer: nel 1928, ad esempio, i due pubblicarono un libro che riportava i loro design per tappeti più riusciti.

Perché questa artista ci piace così tanto?

Prima di tutto per le sue deliziose geometrie, per i tappeti di design che ancora oggi ispirano quelli che ritroviamo poi nelle nostre case; per la capacità di andare oltre all’artigianato puro e semplice, portando l’arte dentro i tessuti; e anche un po’ per quell’energia tutta femminile che l’ha saputa elevare a figura di successo anche rispetto ai propri compagni uomini, portandola a gestire anche le commissioni più importanti con rigore organizzativo da un lato e con costante cura artistica dall’altro. Quando parliamo di Marion Dorn parliamo di design “industriale” che si fa pittura e scultura: e questo è ciò che ci piace di più.

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Il design scandinavo e i pattern di Stig Lindberg

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Tradizione del design scandinavo

Siamo abituati a identificare il design scandinavo con qualcosa di molto essenziale. Forse a causa delle inospitali condizioni ambientali e della conseguente povertà delle materie prime, in scandinavia si è radicata una tradizione che predilige la funzionalità delle forme semplici e che ha maturato una sapiente cultura del legno. L’industrializzazione è arrivata relativamente tardi in scandinavia, quindi l’artigianato ha avuto un ruolo predominante più a lungo, rispetto ad altre regioni europee, tanto che ancora oggi il design contemporaneo scandinavo dà molta importanza da un lato alle sue radici materiali naturali, dall’altra all’intervento dell’immaginario artistico dell’artigiano. L’immaginario artistico è l’ingrediente che scalda le case durante il buio e lungo inverno, e si esprime a volte con toni di colore inaspettati, ad esempio nelle ceramiche o nell’uso dei tessuti da tappezzeria.

Storia del design: il design scandinavo di Stig Lindberg

Design Democratico

La Svezia è uno dei paesi che ha scelto la neutralità durante la seconda guerra mondiale. Per questa ragione, l’industria manifatturiera non è stata convertita in industria bellica e questo ha consentito la fioritura negli anni ‘40 di tendenze che in Europa poterono prendere piede soltanto più tardi, negli altri ‘50 e oltre. Nacque quello che possiamo definire il “design democratico”, ossia la volontà di dare una dimensione artistica ed estetica anche ad oggetti economici di uso quotidiano, come il vasellame o la tappezzeria. Insomma, per avere delle tazze decorate graziosamente, non era più necessario spendere in pregiata porcellana.

Storia del design: il design scandinavo di Stig Lindberg

Stig Lindberg: pattern per tessuti e ceramiche

Di questo movimento fece parte Stig Lindberg (1916 Svezia – 1982 San Felice Circeo, Italia), prima lavorando alla Gustavsberg, industria di ceramica che ha prodotto servizi presenti in praticamente tutte le case svedesi, poi alla Ljungbergs, un’industria tessile famosa per la qualità dei suoi tessuti stampati. Formatosi pittore, Lindberg fa parte di quella categoria di pattern designer che non tesse i propri pattern, ma li disegna.

➞Leggi la storia di Marianne Straub, contemporanea di Lindberg, che tesseva i propri pattern.

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Lindberg ha progettato di tutto: tazze, piatti, vasi, televisori, carte da gioco, salvadanai, carta da pacchi, ma alla fine si dedicò soprattutto ai tessuti, creando scenari articolati in mille dettagli divertenti dai colori vividi.

Storia del design: il design scandinavo di Stig Lindberg

Ti è venuta voglia di acquistare un po’ di stoffa con i pattern di Lindberg?
Puoi trovare un assortimento sul sito Scandinavia Design.

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Marianne Straub e la svolta industriale del Pattern Design

Marianne Straub e la svolta industriale del Pattern Design

Tutto quello che ci circonda è design, ovvero ha richiesto una progettazione funzionale ed estetica. Fare caso ai piccoli successi di questo sforzo di progettazione, che migliora la nostra interazione con il mondo, è un hobby che mi porto dietro fin da bambina.

Oggi vorrei parlarvi della donna che ha insegnato alle macchine a tessere: si chiama Marienne Straub e, anche se forse non l’avete mai sentita nominare, da oggi farete più caso al suo lavoro come pattern designer e a quello dei suoi successori.

➡ Leggi anche:

Storia del pattern design, Marianne Straub

Formazione tecnica di una donna designer

Marianne Straub nasce in Svizzera nel 1909, frequenta l’accademia di Zurigo con insegnanti che erano fuoriusciti dal Bauhaus, ma non è una pittrice. Fin dalla sua formazione, infatti, si dedica al telaio. La meccanica la affascina e lavora anche come tecnico aiutante in un mulino, ma deve trasferirsi a Bradford, in Inghilterra, nel 1932, per studiare al Technical College. Perché? Semplicemente, le scuole svizzere non accettavano donne per gli studi tecnici. 

A Bradford, impara tutto sulle materie prime, soprattutto la lana, e sull’industria tessile dell’epoca. Dopo gli studi, non smette di interessarsi a mulini e macchine tessili, nell’ottica della produzione di massa. 

Quando nel 1950 inizia a lavorare per la Warner&Sons, un’importante industria tessile britannica che si dedicava soprattutto alla tessitura della seta e dei velluti per l’arredamento di lusso, il mercato si stava spostando sul mercato destinato all’uso di massa. In particolare, ricevevano commissioni per tessuti destinati ai luoghi pubblici, come l’arredamento di scuole o dei trasporti. 

Storia del pattern design, Marianne Straub

Dal telaio la macchina: il pattern design che non passa dai pennelli

Il processo di creazione di un pattern passa spesso da una matita o dai pennelli, ma non è così nel caso di Marianne Straub. Lei aveva nel suo studio un telaio e con quello manipolava direttamente i filati per creare disegni in intreccio. Lei stessa racconta che il suo modo di procedere aveva diversi vantaggi: intanto, conosceva le materie prime e le valutava a seconda dell’uso che se ne sarebbe fatto. Inoltre, poteva portare al cliente il progetto già finito, disegno, colori, materiali e metodo di tessitura inclusi, così nessuna industria tessile, di fronte al progetto, avrebbe potuto dire: “Non posso farlo”. In quel caso, lei avrebbe semplicemente insegnato alla macchina a fare ciò che lei aveva già realizzato a mano.

Non le piaceva lavorare come pattern designer freelance, preferiva lavorare direttamente in industria, perché voleva il controllo di tutte le fasi della produzione, a partire dalla scelta delle materie prime e dalla considerazione dei costi.

Non le è mai interessato disegnare per la moda: la sua passione era l’architettura degli spazi pubblici. Il suo stile è moderno, fortemente radicato nell’estetica e nella storia del design europeo. A differenza di altri designer inglesi, che cedevano al fascino dell’esotico, lei ha sempre detto che si sarebbe sentita disonesta nell’usare motivi etnici, perché “non è la nostra calligrafia”.

Undergroud: il cuore londinese veste Straub

Tra il 1969 e il 1970, la metropolitana di Londra ha vestito un pattern di Marienne Straub. Sulla Piccadilly, a dire il vero,le poltroncine hanno continuato ad avere la stessa moquette anche negli anni ’80, e forse qualcuno di voi ancora la ricorda.

Storia del pattern design, Marianne Straub
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Pattern tutorial: la tua fantasia per carta e tessuto in 3 mosse

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A volte mi hanno chiesto come realizzare una fantasia da stampare su stoffa o su carta, magari a partire da un disegno di un bambino per realizzare accessori per la cameretta o vestitini, ma anche per stampare una carta da regalo personalizzata o per realizzare un vestito con un tocco creativo in più.

 

E quindi ecco il mio tutorial per diventare Pattern Designer in tre passaggi

Se ancora non sai cos’è il Pattern Design, puoi leggere qui.

Se invece sei impaziente di comunciare, andiamo!

 

Cosa imparerai in questo tutorial

Il patter è un disegno che si possa stampare in continuo, senza interruzioni. Se si parte da un disegno proprio, il nocciolo della questione è passare da un’immagine con dei confini definiti ad una fantasia continua, che possa essere stampata a ripetizione, senza soluzione di continuità.

Lo scopo di questa operazione è ovvio: nelle due immagini qui sotto potete vedere da una parte l’effetto “a mattonelle” di un disegno semplicemente ripetuto, e dall’altra una fantasia continua vera e propria, dove non è possibile distinguere i confini fra una “mattonella” e l’altra.

Pattern-design-tutorial

Disegno ripetuto su un piano di stampa per un tessuto: la fantasia non è continua e si notato i confini delle singole mattonelle.

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Pattern continuo: non si notano i confini del disegno della singola mantonella.

Esistono diversi metodi per disegnare una griglia che possa essere ripetuta all’infinito, senza soluzione di continuità. Questo che vi illustro qui si può usare sia che utilizziate un software, che su un pezzo di carta, basta munirsi di forbici e nastro adesivo.

Quindi, alla fine di questo tutorial, avrai a disposizione il tuo pattern continuo da sfruttare come vuoi.

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Il piano di disegno

Per semplificare, iniziate con un piano di lavoro quadrato. Che sia un foglio di carta o un canvas digitale, scegliete la misura tenendo presente il risultato finale che volete ottenere. Cercate un fantasia fitta? create un tile più piccolo, anche intorno a 10×10 cm. Per una fantasia più ampia, ad esempio da carta da parati, optate per un tile almeno 30×30 cm.

Per chi utilizza un software: attenzione ad impostare il vostro piano di lavoro, impostando non solo la dimensione di stampa in centimetri e non in pixel, ma anche i DPI, che definiscono la risoluzione di stampa. Tieni presente che una uona stanza si ottiene con una risoluzione superiore ai 150dpi.

Per chi utilizza carta e penna: scegli un cartoncino non troppo pesante, perchè dovrai tagliarlo in 4 parti i bordi dovranno essere il più possibile regolari. Non deve essere neppure troppo leggero, altrimenti il disegno marcherà troppo il foglio e questo ti impedirà di scansionarlo senza segni e ombragiature.

 

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1. Disegnamo il centro del foglio

Cominciamo a disegnare a partire dal centro del notro foglio. Rirodatevi una regola fondamentale: il vostro disegno NON DEVE TOCCARE il bordo del foglio.

Potete fare il vostro disegno complicato quanto lo volete, e non c’è neppure bisogno che sia perfettamente centrale o simmetrico, anzi, i pattern più interessanti alla fine sono quelli che meno rispettano la simmetria.

Chi usa un sotware e non ha dimestichezza con il disegno digitale, può giocare con i collage, piazzando semplicemente singoli elementi sul foglio, nella disposizione che meglio crede.

 

2. Tagliamo e Incolliamo!

Dividete il foglio in 4, tagliado lungo la linea mediana sia verticale, che orizzontale. Otterrete 4 mattonelline che dovrete ricomporre come un puzzle in modo che quelli che sono gli angoli interni (A) diventino gli angoli esterni, scambiandosi con quelli contrassegnati con (B).

Chi usa la carta, dopo aver tagliato, fermerà il puzzle con il nastro adesivo posizionato sul retro delle parti, in modo che combacino perfettamente.

Chi usa un software, dovrà solo aprire un altro piano di lavoro con dimensioni finali identiche a quello iniziale e posizionare i 4 ritagli ottenuti dal primo secondo le istruzioni.

 

Pattern-design-tutorial
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3. Disegnamo di nuovo il centro del foglio

Anche in questo caso, cercate di non toccare i bordi.

Potere complicare il disegno quanto volete, ma vi suggerisco di cominciare con qualcosa di semplice, in modo da capire il meccanismo, prima di avventurarvi in costruzioni complesse.

Quello che avete ottenuto qui è la mattonella del disegno continuo, che chiamiamo TILE.

Nel caso abbiate usato la carta, procuratevi uno scanner e scansionate il disegno ad una risoluzione superiore ai 150 dpi e salvate l’immagine in jpg.

Nel caso abbiate usato un software, salvate la nuova immagine e siete pronti.

 

FATTO!

Speditela al vostro tipografo o alla stamperia digitale, dando loro istruzione di ripetere il disegno all’infinito: ne otterrete una fantasia continua, come questa.

Pattern-design-tutorial

Come nasce un Pattern

Come nasce un Pattern

Pattern Design - tessuti stampati - processo creativo - Artistante

Vi racconto qualcosa del mio processo creativo

Come nascono le mie fantasie?

In un modo qualsiasi e con qualsiasi strumento di disegno: vanno bene le bic, come i pennarelli di scuola, ma uso anche gli acrilici, gli acquarelli e il mio iPad. Non c’è limite alla creatività, che non è un dono, è più che altro un’abitudine.

Non tutti i disegni sono adatti a diventare pattern e, a volte, i pattern nascono tali, nel senso che si tratta di artwork già destinati a quello specifico utilizzo. A me piace esplorare entramebe le possibilità: creo disegni con lo scopo di realizzare pattern, ma più pfrequentemente li ricavo da opere pittoriche che, alla nascita, sono destinate alle pareti.

 

Per esempio…

CORALLINA

Pennarelli e penna su carta

Esatto, gli Stabilo che usavamo a scuola, su un disegno fatto a penna. Ho usato l’acqua per sfumare il colore dei pennarelli e, successivamente, ho dato qualche tocco con un pennarello acrilico bianco. Questa fantasia è una delle sette disponibili per le sciarpette DIPLART in seta + cotone.

Pattern Design - tessuti stampati - processo creativo - Artistante
Stola double face seta + cotone, un lato in pura seta e uno in cotone stampato ARTISTANTE arancione, arancio, rosso

Da uno stesso disegno, si può ricavare più di una variante e creare fantasie che sembrano del tutto nuove. Il primo pattern che ho creato con questo disegno è una variante cromatica molto distante dall’orinale: si tratta dalla SpringWater, anche questa utilizzata per le DIPLART seta+cotone, ma già apprezzata in altre applicazioni, per esempio per la stola DIPLART in lana.

Stola double face seta + cotone, un lato in pura seta e uno in cotone stampato ARTISTANTE turchese, verde mare, verde petrolio, beige
Stola double face seta + cotone, un lato in pura seta e uno in cotone stampato ARTISTANTE turchese, verde mare, verde petrolio, beige
Cuscino turchese, blu, beige e cipria, stampato on demand, personalizzabile, fantasia ARTISTANTE
Sciarpa lino e cotone, due veli, compatta e coprente, fantasie originali ARTISTANTE

MICROFLORA

Penna su carta

Per questa fantasia in bianco e nero ho utilizzato una penna Pilot e due pennarelli. In fase di stampa, ho desaturato il rosso, portandolo al grigio. Microflora mi ha dato molta soddisfazione un po’ su tutti i materiali: lana per le stole DIPLART, cotone per le pochette CUBOTTE e seta per i foulard a tema Marmo.

Pattern Design - tessuti stampati - processo creativo - Artistante
offerta festa della mamma regalo speciale stola di lino + pochette cubotta
stola double face in pura lana vergine, fantasia originale ARTISTISTANTE bianco e nero

CAJUINA

Acrilico su Tela

Cajuina, oltre che una bellissima canzone di Caetano Veloso, è il titolo di questo acrilico su tela, 60x50cm, da cui ho tratto l’omonima fantasia. La prima volta, Cajuina è andata in stampa per il kimono. In seguito, ho realizzato le DIPLART seta + cotone. Nella foto qui in basso, la tela appare più chiara della fantasia: è un effetto dell’acrilico, che è più riflettente del cotone: in verità, i colori si somigliano moltissimo, grazie al processo di stampa ad alta risoluzione che rende tutte le sfumature del tratto pittorico.

Pattern Design - tessuti stampati - processo creativo - Artistante
giacca kimono Kimono sartoria artigianale con tessuti stampati Artistante
Pattern Design - tessuti stampati - processo creativo - Artistante

BORGO

Digital Art su iPad

Per poter stampare su tessuto, occorre digitalizzare l’immagine. È il caso delle fantasie precendenti, che nascono analogiche e subiscono una rielaborazione digitale. Alcune fantasie, però, nascono già digitali, come questa, che ho realizzato utilizzando il software di disegno Procreate per iPad. Borgo è una fantasia fra le più recenti ed è stata stampata per le DIPLART seta+cotone e per la Pochette Cubotta

Pattern Design - tessuti stampati - processo creativo - Artistante
Stola double face seta + cotone, un lato in pura seta e uno in cotone stampato ARTISTANTE rosa antico, rosa magnolia, beige, blu
Stola double face seta + cotone, un lato in pura seta e uno in cotone stampato ARTISTANTE rosa antico, rosa magnolia, beige, blu

Insomma, come dicevo, l’arte si fa con tutto. A differenza di quel che si è portati a credere, essere creativi non è un dono, è un’abitudine come un’altra. Ci si può mettere più o meno impegno e raggiungere risultati più o meno brillanti, ma per disegnare basta una penna e uno spunto, anche se non ha neppure la dignità di un’idea.
Non pensare di dover avere un progetto per iniziare, tanto meno una strumentazione professionale: inizia e basta.

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F. Broadhurst, storia di una Pattern Designer

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Nella nuova puntata di #artistantecolore vi parlo della sorte di solito riservata agli artisti che lavorano come pattern designer e di una donna fuori dagli schemi la cui storia potrebbe ispirare un film: Florence Broadhurst.

La storia del pattern design è affollata di artisti che sono rimasti anonimi. Le industrie che producono tessuti, carta da parati e, in generale, oggettistica e decorazioni che richiedono un surface pattern, danno il loro nome alla fantasia, senza nessun credit al designer.

Chi sa nominare l’autore delle fantasie, ad esempio, di Dolce&Gabbana, come quella famosissima in questa foto? Non conosco i dettagli, ma ad occhio funziona così: gli stilisti danno le linee guida, mettono a lavoro un pool di designer e poi scelgono e correggono. Con ottimi risultati, non c’è che dire.

In rari casi, i nomi di quelli che fisicamente mettono mano al disegno emergono, e questo succede di solito in due occasioni: quando l’artista è talmente famoso da dare pregio al prodotto, o quando decide di mettersi in proprio e creare la propria industria o la propria agenzia grafica.

Ci sono poi casi ancor più straordinari, come quello di Florence Broadhurst, la donna che visse non due, ma almeno cinque o sei volte, il tutto partendo da una zona rurale del Queensland, in Australia, dove nacque nel 1899.

Florence era un’artista: ballava, cantava e recitava nei locali fin da giovanissima. A 23 anni entrò in una compagnia con la quale viaggiò e si esibì in Cina e per tutto l’estremo oriente, finché nel 1926 fondò la Broadhurst Academy a Shanghai,una scuola di perfezionamento per artisti, dove si imparava musica, danza, canto, recitazione. Lei stessa suonava e insegnava più di uno strumento.

Non durò molto: nel 1929 Florence era già in Inghilterra e si era sposata con un broker londinese. A londra diresse dei musical, dei quali disegnava anche i costumi. Pare che, con il nome francese si Madame Pellier, vestisse anche le signore londinesi, coltivando nel frattempo l’amore per la pittura.

Morto il primo marito Florance aveva sposato tale Lewis, un ingegnere, con il quale si trasferì nel sussex, dove, da straordinaria imprenditrice qual era, avviò un’attività marittima. Esatto, così: dal canto, alla moda, fino alla pesca e ai traghetti.

Nel 1949, torna in Australia con il marito e i figli, diventando un’altra persona: nuovo taglio di capelli, nuovo nome, nuovo accento e nuova veste: adesso era una pittrice paesaggista, anche se nel tempo libero gestiva l’attività di vendita di automobili che il marito le aveva lasciato a Sidney, trasferendosi nel Queensland.

Nel 1959 cambiò ancora: all’età di 60 anni, annunciò che avrebbe colorato l’Australia e fondò quella che poi divenne la Florence Broadhurst Wallpapers Pty Ltd. Con un piccolo staff, produsse e commercializzò una gamma molto variegata di carte da parati stampate e rifinite a mano, con materiali di lusso, combinazioni di colori molto vivaci e un’eclettica gamma di stili. 

Il motto della sua agenzia era “The only studio of its kind in the world” ed esportava in tutto il mondo.

Fu assassinata nel 1977, concludendo tragicamente una vita infinita, con quel tocco di dramma che forse ci si poteva aspettare da lei. La sua attività non le sopravvisse, ma oggi il suo archivio è stato recuperato, catalogato e riportato in vita dalla fondazione che porta il suo nome.

Che cos’è il Pattern Design?

Che cos’è il Pattern Design?

Faccio un gran parlare dei miei Pattern per tessuto e carta, utilizzando questo termine inglese da addetta ai lavori, senza chiedermi quanto sia effettivamente comprensibile e familiare. Questa puntata di #artistantecolore vuole rimediare alla mia pecca, spiegando di cosa si tratta.

Surface e Pattern Design

Esiste un ambito, a metà tra arte e tecnica, chiamato surface design.

Prendete un tessuto, ad esempio quello di una tovaglia da tavola o di un cuscino da sofà. Il risultato visivo della superficie decorata è dato da due interventi diversi e complementari, ossia: 1. La trama del tessuto e le eventuali lavorazioni su di esso (rilievi, ricami, cuciture) 2. Il disegno stampato.

Entrambi, sono il risultato della creatività di un Surface Designer.

Che differenza c’è tra Fantasia e Pattern?

Il disegno, detto anche “fantasia”, è il Pattern.

Perché allora non lo chiamo disegno?

Perché il Pattern è caratterizzato da due qualità che non tutti i disegni hanno. Quindi il Pattern è un tipo di disegno, ma non tutti i disegni sono Pattern.

1 Ripetizione

Un pattern è ripetibile in continuo. La parola stessa, Pattern, significa “modello”, ma potremmo più efficacemente tradurlo con “modulo”. Il concetto è facilmente comprensibile se guardiamo alle tecniche di stampa su tessuto dette Block Printing, in cui il disegno (il modulo), inciso su un blocco di legno o altro materiale, viene ripetuto sul tessuto, “timbrandolo” a distanze regolari, fino a decorare la superficie uniformemente. In molti casi, a lavoro ultimato, un occhio inesperto non saprebbe neppure individuare il confine modulare.

2. Destinazione

Un pattern ha una destinazione d’uso che è differente dal media sul quale è stato creato. Tornando all’esempio del blocco, il pattern viene creato incidendo il legno, ma il suo scopo non è decorare il legno, infatti è destinato a decorare i tessuti.

Pattern Artistante “Persiana Muschio”  2018

Pattern Artistante “Sottobosco Blu”  2017

Pattern Artistante “Rosso Indiano” 2018
Vedilo su cotone e seta

C’è poi una terza caratteristica, che è più o meno importante tenere presente, a seconda della destinazione finale del pattern: difficilmente un pattern viene creato per essere ammirato nella sua interezza. La composizione è meno importante della ripetizione e dell’effetto finale dato dai giochi geometrici o di colore su una superficie, adattata ad un oggetto tridimensionale, come accade per i tessuti destinati all’abbigliamento.

Pattern Artistante “Etna” 2020

Pattern Artistante “Città Bianca” 2018

Pattern Artistante “Manaus” 2017
Vedilo su cotone e seta

Come si può immaginare, il pattern design ha avuto il suo massimo sviluppo nell’era industriale, ma non è nato nel XIX secolo.

Il pattern design, in verità, è fra le arti più antiche del mondo. Forse, i primi moduli ripetibili sono state le mani dell’uomo, usate per modificare le pareti delle caverne in cui vivevano i nostri antenati.

Dopo di che, tecniche a stencil o a blocco/timbro sono state via via utilizzate e perfezionate nelle diverse civiltà antiche, fino al medioevo e all’epoca moderna.
Certamente, è con la stampa a rullo che il pattern design trova finalmente il mezzo espressivo ideale per poter esprimere le sue potenzialità.

Il pattern design per la stampa continua

Il disegno di un pattern stampabile a rullo in continuo è un’operazione che può essere semplice o estremamente complessa, a seconda del tipo di disegno. Di sicuro, richiede un certo rigore geometrico, affinché, ripetendosi, il moduli combacino sempre alla perfezione.

Uno dei giganti di quest’arte, inventore di alcuni dei più complessi ed equilibrati intrecci modulari, è senza dubbio l’inglese William Morris (1834-1896). Non voglio dilungarmi su di lui, perché merita senza dubbio un approfondimento a parte interamente dedicato al suo lavoro, ma voglio mostrarvi cosa intendo, quando parlo di rigore geometrico e complessità della composizione, quindi eccovi alcune immagini dei suoi capolavori.

Sicuramente, essendo fra i miei favoriti, tornerò sull’argomento, prendendo in considerazione periodi e luoghi diversi (ogni epoca e ogni regione è caratterizzata dai suoi pattern), ma per adesso mi fermo qui.

Vuoi diventare pattern designer?

Impara come realizzare la tua carta da regalo o la tua fantasia per tessuto con un tutorial semplicissimo in tre sempici passaggi. Lo trovi qui!

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Il colore: breve storia dei sistemi di riferimento.

Il colore: breve storia dei sistemi di riferimento.

Il colore è pura esperienza sensoriale. Come ci si riferiva in modo oggettivo ad un colore, prima dei sistemi di corrispondenza? Non lo si faceva. In epoca preindustriale, ci si riferiva al colore nominando la sua origine materica.

Esistevano il bianco argilla o il bianco calce, nomi che dicevano di più sul metodo di produzione, che non sul risultato visivo. Il bianco ricavato dalla calce in Francia poteva essere molto differente da quello italiano, così spesso si specificava anche l’origine del materiale.

Il primo campionario dei colori

In seguito, l’avvento dei colori sintetici e dell’industrializzazione ha fatto nascere l’esigenza di una catalogazione basata sulla riproducibilità del colore, inteso come effetto finale, e non come metodo produttivo. La stessa esigenza era molto sentita in ambito scientifico. 
Uno dei primi tentativi di creare un dizionario descrittivo dei colori, che potesse fungere da riferimento univoco, venne fatto dalla casa editrice Smithsonian Books, che nel 1814 pubblicò il primo campionario cromatico della storia.
Si intitolava “Nomenclatura dei colori di Werner”, dal nome del geologo che lo redasse. La sua versione conteneva soltanto riferimenti descrittivi e solo in seguito il pittore Patrick Syme arricchì il dizionario dei campioni colore.

Potersi riferire al colore, che di per sé è un evento sensoriale, in maniera oggettiva, fu una vera e propria rivoluzione. Sia artisti che scienziati lo adottarono: lo stesso Charles Darwin lo usò per rendere più precise le sue osservazioni zoologiche e botaniche.

Sistemi odierni

Ad oggi, i sistemi di riferimento sono molti, diversi da paese a paese, e più o meno usati globalmente, a seconda del tipo di applicazione. Ad esempio, TOYO Color Finder è il più utilizzato in Giappone, mentre il RAL è il più diffuso in Europa per riferirsi alle vernici.

Il sistema più utilizzato al mondo per la grafica e il design, invece, è quello creato nel 1963 da Lawrence Herbert, il Pantone Matching System. Il colore conquista definitivamente la sua indipendenza dalla materia, ed esiste come fenomeno assoluto, qualsiasi sia l’applicazione.

Inestimabile Catalogo delle Indie

Inestimabile Catalogo delle Indie

Tesori della Compagnia delle Indie Orientali

Nel 1858, l’impero britannico aveva posto definitivamente fine all’impero Moghul in India, transformandola in una colonia sotto il mandato di un viceré. Dall’India arrivavano in Inghilterra merci di ogni tipo, fra cui cotone, canna da zucchero, caffè, tè e tessuti.

Arrivavano anche manufatti artistici, che venivano esposti all’India Museum, perché la Compagnia delle Indie Orientali ci teneva a darsi un tono, esponendo le ricchezze che procurava alla Corona. Oggi il Museo non esiste più e i manufatti sono stati dispersi in varie collezioni, alcune delle quali sono entrati a far parte del patrimonio del British Museum.
Uno dei direttori del Museo fu tale John Forbes Watson, un medico scozzese, che ebbe il grande merito di aver voluto catalogare i tessuti indiani importati dall’India. L’imponente campionario, in 18 volumi,  fu redatto nel 1866 in 20 copie.
Watson non era un esperto di industria tessile, gli piaceva solo catalogare e collezionare. Era stato in India 3 anni, come medico militare a Bombay, ma per redarre i campionari si serviva principalmente di importatori e commercianti. La maggior parte delle descrizioni dei tessuti sono semplicemente state copiate dalle etichette di cui erano corredati quando venivano acquistati in India.
Ciò nonostante, si tratta di una raccolta di inestimabile valore e, indovinate un po’? Il catalogo è consultabile online. Anzi, direi che l’indicizzazione digitale del catalogo lo ha reso molto più interessante di quanto già non fosse.
Il perché è semplice: l’indicizzazione per attributi permette di compiere ricerche istantanee secondo una miriade di parametri, ricerche che prima avrebbero richiesto giorni, ad esempio per tipo di pattern, ma anche per tessuto, tipo di utilizzo, tecnica di realizzazione.

Godetevi il tour qui: http://tmoi.org.uk

Queste sono le cose belle di internet. Insieme ai gattini, ovvio.
Buona Pasqua a tutti!

Adobe Color, strumento e divertimento.

Adobe Color, strumento e divertimento.

Avete presente quegli accessori talmente specializzati, che lì per lì sembrano inutili, ma alla fine non si riesce più a farne a meno? Tipo l’attrezzo per fare le zucchine a riccioli, o quello per tagliare la mela in otto spicchi perfetti. Ecco, Adobe Color, per me, è uno di quegli attrezzi.

Mi spiace solo che abbiamo cambiato nome: quando l’hanno proposto, si chiamava Kuler e io continuo, imperterrita, a chiamarlo così.

A cosa serve Adobe Color?

A creare e conservare colori. Più precisamente, palette formate da cinque colori ciascuna. Funziona con una registrazione ed è completamente gratuito.

Per chi utilizza i software grafici Adobe, le palette salvate possono essere esportate e quindi importate nel piano di lavoro per applicarle alle grafiche su cui si sta lavorando.

Ma anche se non siete designer, conservare una propria libreria di palette è un modo pratico e divertente di crearsi un taccuino di ispirazioni, per l’arredamento di casa o l’abbigliamento.

Adobe Color è molto utile anche a tutti quelli che si occupano di comunicazione: una palette colore efficace veicola il messaggio con la stessa efficacia di uno slogan.

Come funziona?

Servendosi della ruota colore e aiutandosi con le opzioni preimpostate, si parte da un colore principale per creare gli abbinamenti. Le opzioni sono molte, dalle più classiche basate sugli opposti complementari, alle triadi variamente distanziate. Di ogni colore, si impostano facilmente tonalità, saturazione e luminosità.

Una volta raggiunto l’effetto desiderato, si può salvare la palette nella propria libreria, in modo da poterla ritrovare per future ispirazioni.

Funzioni extra

Adobe Color mette a disposizione una serie di funzioni accessorie molto interessanti e divertenti.

Esplora
Esplora le palette create da altri designer e artisti e trai ispirazione: è possibile sceglierne una per modificarla a nostro piacimento e salvarla nella nostra libreria.
Estrai tema
La mia preferita: si tratta di estrarre un tema da un’immagine a nostro piacimento. Potete caricare quella bellissima foto del foliage autunnale che avete fatto nel vostro ultimo viaggio in Canada, o la foto del mare della scorsa estate.
Estrai sfumatura
Simile alla precedente funzione, consente di estrarre non una palette, ma una sfumatura monocromatica e partire dalla foto che avete caricato.
La mia palette di oggi
Vi lascio con la palette si oggi, che ho estratto da “Cantico”, un disegno di un paio di anni fa.
Buon divertimento!

Che cos’è il COLORE?

Che cos’è il COLORE?

Torniamo a scuola, vi va?

Un modo, se vogliamo poetico, di definire il colore è ciò che resta della luce.

Gli oggetti che ci circondano vengono colpiti dalla luce bianca solare. Una parte di questa luce viene assorbita dall’oggetto, mentre una parte viene riflessa. La lunghezza d’onda del riflesso determina il colore dell’oggetto che stiamo osservando.

Già da questo, capiamo che ci sono due modi di approcciare il colore, ossia quello della sorgente di luce e quello dell’oggetto che l’assorbe.

 

Eccovi un po’ di teoria spiccia sul colore.

Sintesi del colore: il prisma Newton

Il sole emette tutta una gamma di frequenze, alcune per noi invisibili, e altre che, sommate, percepiamo come luce bianca.

A scuola, abbiamo fatto tutti l’esperimento del prisma: attraversato dalla luce, il cristallo frange il fascio bianco nelle diverse lunghezze d’onda che lo compongono, restituendo la striscia cromatica dello spettro, un arcobaleno composto da rosso, arancio, giallo, verde, blu, indaco e viola.
Il primo a notarlo fu Newton, nel 1665.

 

Sintesi additiva del colore: RGB

Senza accorgercene, stiamo già parlando di sintesi additiva del colore, che è propria di tutte le fonti in grado di emettere luce, come il sole, ma anche una lampadina o lo schermo dello smartphone.

Prendiamo lo schermo, ad esempio. Per emettere la luce bianca, ogni pixel del vostro schermo emetterà al massimo della potenza le onde corrispondenti ai tre colori primari, che sono il rosso, il verde e il blu. Vi sarete già imbattuti in questa sigla, RGB, red green blue, ad esempio regolando le impostazioni del televisore. La somma dei colori, quindi, genera il bianco e per cui si parla di sintesi additiva.

Sintesi sottrattiva del colore: CMYB

Diverso è il caso degli oggetti che non sono in grado di emettere luce, ma soltanto di rifletterla. In questo caso, il colore è il risultato di una sottrazione: una parte della luce solare, come abbiamo detto, viene assorbita, ed è quella che resta che, riflessa verso il nostro occhio, ci fa percepire il colore. Stiamo parlando di sintesi sottrattiva del colore.

Nella prima parte della Guida ci soffermeremo sulla sintesi sottrattiva, per parlare di pittura, ma anche di design e di stampa.

Abbiamo già citato i colori primari della sintesi additiva, rosso, verde e blu, e della sigla RGB.
Nella sintesi sottrattiva, i colori primari sono diversi, e questo punto è molto importante per capire, ad esempio, come mai la resa dei colori a schermo non è mai identica a quella a stampa. Ma ci torneremo in seguito.

I colori primari della sintesi sottrattiva sono:
Ciano – o blu primario.
Magenta – un rosso tendente al porpora.
Giallo – la tonalità fredda.

La sigla di riferimento in questo caso è CMY, dove Y sta per Yellow, in inglese. A queste tre lettere, vedrete quasi sempre accostata una K, che sta per blacK. Il nero non è un colore primario: si ottiene dalla somma degli altri colori. In stampa, però, se dovessimo ottenere il nero impiegando ogni volta gli altri colori, ogni pagina risulterebbe più complicata e dispendiosa, quindi i plotter e le stampanti usano di solito quattro cartucce.
Si parla per questo di stampa in quadricromia, e i colori si indicano con le percentuali di C-M-Y-K che ogni punto deve contenere.
Esistono anche altri tipi di stampa, a sei, dieci o dodici colori, ma si tratta di stampe speciali per migliorare la qualità fotografica delle immagini.

Di fatto, non esiste sfumatura di colore che non si possa ottenere a partire dai tre colori primari.

La Ruota dei colori

Per orientarci nella composizione dei colori, ci serviamo della ruota.

La ruota è utile per visualizzare il rapporto fra i colori primari e in che modo, mescolandosi, generino i colori secondari e terziari. I colori secondari si ottengono mescolando in egual misura due primari, mentre nei terziari il rapporto è di 2:1.
Modificando queste proporzioni, si ottengono tutte le sfumature mediane.

Il Colore che non c’è

Avrete notato qualcosa di strano, da piccoli, quando provavate a mettere in ordine i pennarelli nella scatola, in modo da creare una gradazione armoniosa come quella della ruota. No?
Allora forse non possiamo essere amici, perché per la sottoscritta l’insuccesso costituiva un vero dramma, e l’insuccesso era in agguato ogni volta che prendevo il mano un colore specifico.
Quale? Quello che manca, ovvio.

 

Signore e signori, ditemi: dov’è il marrone?

Per scovare il marrone, dobbiamo partire dal grigio.

Il nero, abbiamo detto, è la somma dei colori primari in egual misura. Quindi, in stampa, senza usare la cartuccia del nero, diremmo: C 100 – M 100 – Y 100.
Le diverse gradazioni di grigio si ottengono diminuendo l’intensità dei colori, il che significa creare un colore meno coprente, che lascia trasparire il bianco del foglio.
Un grigio medio è C 50 – M 50 – Y 50.

Quando provate ad ottenere lo stesso effetto mescolando il colore “a mano”, spremendolo dai tubetti sulla tavolozza, vi riuscirà molto difficile mantenere le proporzioni esatte fra i tre colori primari. Quello che otterrete è probabilmente un grigio freddo, se caricate di blu o giallo, e un grigio caldo se caricate di rosso. Oppure un marrone.

Il marrone non è un colore: è una sfumatura di grigio “sballata”.

La stretta parentela del marrone con il grigio fa sì che sia un colore difficile da creare. Regolare le proporzioni di tre ingredienti, anziché due, rende il gioco complicato, soprattutto perché si rischia, ad ogni errore, di ricadere in un grigiastro senza carattere, quando si stava rincorrendo un intenso Terra di Siena bruciato.
Per questo motivo, i pittori, anche quelli piuttosto esperti, preferiscono risparmiare sull’acquisto di sfumature particolari di verde, viola o arancio, ma quasi mai rinunciano a dotare il loro arsenale di almeno due o tre tipi di marrone, che possono arrivare a cinque se si includono le ocre.

Attributi del colore

 

Quando parliamo di colore nel senso percettivo, non è facile descriverlo con esattezza. Un fisico potrebbe descrivere l’onda, con la sua lunghezza e la sua frequenza, ma artisti, grafici e designer utilizzano altri parametri.

Quelli standard sono tre, più uno:

Tonalità
La tinta, il colore, ad esempio il magenta.

 

Saturazione
L’intensità della tonalità. Possiamo andare da un magenta intenso e squillante ad un rosso smorto. Quando si porta a zero la saturazione, si arriva al grigio.

 

Luminosità
La quantità di luce riflessa. Più luce viene riflessa, più il colore percepito si avvicinerà al bianco.

 

Temperatura
La classificazione dei colori in base alla loro temperatura si riferisce ad un’intonazione psicologica, in cui i colori nell’emisfero rosso-arancio richiamano il caldo, e quelli nell’emisfero blu-verde richiamano il freddo.

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