XVIII. La Luna
La mia Luna è una dea che sta sorgendo da un lago di acque immobili e scure, con occhi tenebrosi e una muta espressione magnetica.
L’acqua è il suo letto, il grembo in cui riposa, l’abisso che lei governa. Non ha un potere demiurgico diretto, poiché ruba la luce del sole per rappresentare il mondo a sua immagine, ma ha una grande forza attrattiva, con la quale impone la propria impronta mutevole alle maree. Il suo alternarsi è la sua vitalità: pieno e vuoto, alto e basso, chiaro e scuro…lento, ma costante gioco di poli, che ricorda il ciclo del respiro.
Le città che si bagnano nel lago riflettono la sua luce argentea, che le plasma, distorcendo, celando, ridisegnando i contorni. Il suo tocco magico incanta l’osservatore, avvolgendolo nel mistero: sarà ancora così il mondo, al sorgere del sole?
Lasciando spazio al dubbio e alla fantasia, la Luna è amica del pensiero alternativo e dell’intuito.
Il suo fascino ispira e porta con sé scintille di pura genialità creativa, ma comporta dei rischi: mi cattura a tal punto che potrei desiderare di lasciarmi cullare a tempo indeterminato, finendo per languire nel lago, persa nella rete di inestricabili speculazioni esistenziali.